Il linciaggio di Gheddafi
L’ ipercorpo del dittatore
Non desideriamo entrare nel merito delle grandi questioni internazionali, ma
solo fare qualche riflessione sociologica partendo da non corpo di Gheddafi:
spintonato, trascinato, colpito, offeso.
È la sorte, ora si legge, di tutti i dittatori, soprattutto se in vita crudeli
e violenti. Parliamo delle immagini di un linciaggio telediffuso quasi in tempo
reale, grazie ai cosiddetti prodigi della moderna tecnologia telefonica. Ormai
da anni ai corpi curatissimi di conduttrici e veline televisive vanno
regolarmente ad affiancarsi le immagini del corpo sanguinolento del dittatore
di turno, caduto nella polvere. Si pensi alla sorte di Ceauşescu e di sua
moglie Elena, subito fucilati. I cui corpi, disarticolati come quelli di
usurate marionette, fecero il giro del mondo. E nei giorni in cui si
festeggiava il Santo Natale… Anno di grazia 1989.
Perciò il corpo di un dittatore caduto, per le major televisive così attente
alle fasce protette, è un non corpo… Un ammasso di carne e ossa senz’anima che
può essere mostrato a tutti. Si potrebbe perciò parlare di “carcassa”, come per
un animale. Anche se, come è noto, quel che resta di una scimmietta sezionata,
può essere televisivamente mostrato, solo come pubblico esempio della
cattiveria di scienziati dediti a spaventose sperimentazioni.
Probabilmente, alla stessa stregua, si mostra il non corpo di Gheddafi (la
“carcassa”), quale esempio, di quel che può produrre, per reazione (il
linciaggio), la sanguinosa sperimentazione politica, imposta dal Colonnello
alla Libia. Diciamo che è come se si concedesse alle scimmiette, di cui sopra,
facoltà di vendicarsi, prima nelle piazze, poi in televisione.
Va però ammesso che, storicamente, gli sconfitti hanno sempre torto. E che la
sacralità di un corpo, purtroppo, non è mai data una volta per tutte. La storia
mostra tombe di monarchi, principi e papi violate dai vincitori. Ovviamente, a
loro volta, monarchi, principi e papi…
Talvolta, il non corpo riacquista la sua dignità nel momento cui lo si
seppellisce. Proprio allora, la volontà, politicamente prevalente, di tenere
nascosto il luogo della sepoltura, prova la paura del vincitore anche verso una
povera “carcassa” . Si teme, infatti, che il non corpo possa trasformarsi in
mito politico, ossia in ipercorpo.
Lascia veramente senza parole, la grande capacità umana, in primis culturale,
di trasformare, anche senza volerlo, il corpo celebrato in vita di un capo
politico, prima in non corpo, umiliato e offeso, poi in ipercorpo, glorificato
e amato. E così via, avanti e indietro per la storia…
E qui si pensi, solo per fare un piccolo esempio, alle spoglie di Benito
Mussolini, passate attraverso le fasi appena ricordate, da Piazzale Loreto al
Cimitero di Predappio, tuttora meta di consistenti pellegrinaggi politici. Va
però rilevato che la mancanza, per le ragioni più diverse, di un preciso luogo
di sepoltura, come ad esempio per Cola di Rienzo, vissuto nella Roma
trecentesca, mostra di non influire sulla sua fama postuma. Ricordiamo (anche
per ricordarlo...), con l’amico Giano Accame, lunghe e interessanti
discussioni, legate all’attualità, proprio sull’ ultimo dei tribuni romani… Per
non parlare delle leggende medievali fiorite intorno alle ceneri di Giulio
Cesare che, in certo senso, ne hanno corroborato il mito.
Ciò significa che un corpo politico, se appartenuto a un vero politico, non si
“corrompe” mai.
Carlo Gambescia
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