La
sinistra e l’amor patrio
a corrente alternata
a corrente alternata
A Genova, la piazza Cgil ha fischiato l’Inno di Mameli, presenti
Burlando, D’Alema, Cofferati. I quali
hanno fatto finta di niente. Eppure fino a qualche giorno fa, complici le
manifestazioni del Centocinquantenario, la sinistra sembrava aver riscoperto l’amor
patrio. Ovviamente, non parliamo solo della sinistra dei cantanti, imitatori e attori. Ma anche di quella
composta di politici e sindacalisti. Invece è bastato uno sciopero generale… e
tutto pare tornato come prima. Perché ?
In realtà, sarebbe ingiusto negare il cambiamento intervenuto nella sinistra,
soprattutto negli ultimi anni. Probabilmente, alla base del recupero dell’idea di patria vanno
ricondotti il settennato “tricolore” e “riformista” di Ciampi e quello, ancora in marcia, di Napolitano. Ma
anche la caduta del Muro e il crescente antileghismo, tanto per indicare i motivi più importanti.
Resta però il fatto che il patriottismo “di sinistra” ha radici storiche
piuttosto deboli Per almeno due ragioni.
Innanzitutto, la moderna idea giacobina di nazione armata, come momento della verità, dove solo chi va in battaglia diventa cittadino a tutti gli effetti, arrivò in Italia con le truppe di Napoleone, e scomparve con la sua sconfitta. Certo, il Risorgimento ebbe anche i suoi patrioti eretici, come ad esempio, Pisacane, Mazzini, e più tardi Battisti e Salvemini. I quali cercarono di conciliare nazione e internazionalismo, privilegiando però l’idea di patria. Ma furono minoranze. Per contro, il socialismo riformista di Treves e Turati, per non parlare di quello massimalista, rimase largamente internazionalista. Togliatti invece si legò a Mosca. Mussolini, diversamente, cercò di unificare socialismo e nazione. Con risultati, a dire il vero, non proprio esaltanti, soprattutto sul piano di una politica estera, inutile nasconderlo, rovinosa.
Ragion per cui, l’atto di nascita, a sinistra, dell’idea di patria, risale alla Costituzione Repubblicana del 1948. Un testo alle cui origini non poteva però non esserci il mito politico fondante della Nuova Italia nata dalla Resistenza, così caro al Pci. Una scelta, quella comunista, la cui ambiguità era ben riassunta, anche iconograficamente, dal tricolore che si scorgeva appena sotto la bandiera rossa con stella, falce e martello, vessillo politico-elettorale del Pci.
E qui sarebbe troppo lungo discutere del 1943-1945 come periodo del massimo indebolimento dell’idea di patria italiana. Rinviamo al bel libro in argomento di Ernesto Galli della Loggia.
Innanzitutto, la moderna idea giacobina di nazione armata, come momento della verità, dove solo chi va in battaglia diventa cittadino a tutti gli effetti, arrivò in Italia con le truppe di Napoleone, e scomparve con la sua sconfitta. Certo, il Risorgimento ebbe anche i suoi patrioti eretici, come ad esempio, Pisacane, Mazzini, e più tardi Battisti e Salvemini. I quali cercarono di conciliare nazione e internazionalismo, privilegiando però l’idea di patria. Ma furono minoranze. Per contro, il socialismo riformista di Treves e Turati, per non parlare di quello massimalista, rimase largamente internazionalista. Togliatti invece si legò a Mosca. Mussolini, diversamente, cercò di unificare socialismo e nazione. Con risultati, a dire il vero, non proprio esaltanti, soprattutto sul piano di una politica estera, inutile nasconderlo, rovinosa.
Ragion per cui, l’atto di nascita, a sinistra, dell’idea di patria, risale alla Costituzione Repubblicana del 1948. Un testo alle cui origini non poteva però non esserci il mito politico fondante della Nuova Italia nata dalla Resistenza, così caro al Pci. Una scelta, quella comunista, la cui ambiguità era ben riassunta, anche iconograficamente, dal tricolore che si scorgeva appena sotto la bandiera rossa con stella, falce e martello, vessillo politico-elettorale del Pci.
E qui sarebbe troppo lungo discutere del 1943-1945 come periodo del massimo indebolimento dell’idea di patria italiana. Rinviamo al bel libro in argomento di Ernesto Galli della Loggia.
Resta però un fatto importante: l’idea di patria per essere interiorizzata e sentita ha bisogno di continuità politica e
generazionale. Proprio quel che è
mancato in Italia, e in particolare nel
secondo dopoguerra. Infatti,
se per Fascismo e neofascismo,
l’esperienza del ventennio restava il coronamento dell’Unità italiana, per la Resistenza , nelle sue
varie componenti (quindi anche di sinistra…), la dittatura fascista
rappresentava l’autobiografia in
negativo della nazione: una specie di “tradizione
al contrario”, da seppellire. Altro che continuità politica… Di qui
però la necessità, visto che l’uomo non vive di solo pane, di riconoscersi in un’ idea di patria, nuova
di zecca, capace di recepire, fondendole
insieme, l’idea di libertà e i valori dell’internazionalismo: una “mission impossible”, frutto di un confuso mix tra universalismo
marxista e cattolico, che si proponeva
di conciliare costituzionalmente patria e diritti dell’uomo, a danno però della prima… Di cui però fu complice, in sede istituzionale, anche certo liberalismo nostrano, tutto pace
e mercato.
Perciò,
la nostra Costituzione - e di
conseguenza il neo- patriottismo della
sinistra - resta tuttora fonte di divisioni
piuttosto che di unità. E purtroppo di
ipocrisie.
Prendiamo ad esempio il famoso articolo 11 dei Principi Fondamentali: « L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». La sinistra lo usa tuttora per criticare qualsiasi scelta di politica estera che provi a giustificare, anche lontanamente, qualsiasi conflitto. Per contro, semprela Costituzione ,
all’articolo 52, statuisce che «la
difesa della patria è sacro dovere del cittadino». Parole, sulle quali fa leva
la destra, per giustificare, la guerra al multiforme terrorismo
fondamentalista, minaccioso anche per il suolo della Patria.
Prendiamo ad esempio il famoso articolo 11 dei Principi Fondamentali: « L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». La sinistra lo usa tuttora per criticare qualsiasi scelta di politica estera che provi a giustificare, anche lontanamente, qualsiasi conflitto. Per contro, sempre
Chi ha ragione? È possibile eliminare la guerra per
legge? Viene prima la libertà dei
popoli o quella delle nazioni? Mah… Di sicuro, la Costituzione , così com’è, non aiuta…
Come definire, allora, l’idea di patria della sinistra? Inventata, costituzionale, e perciò, a voler essere clementi, molto artificiosa. Insomma di profondo non c’è nulla. E quando
giunge l’ora x, rappresentata da una crisi economica gravissima o dalla
partecipazione a una missione militare, nella sinistra torna sempre a farsi vivo il richiamo della
foresta dell’internazionalismo. Il che spiega i fischi di Genova e, più in
generale, il patriottismo a corrente alternata.
In realtà, andrebbero prima riannodati i fili della storia d’Italia. Tutti. Prendendo
atto degli errori, delle pagine tristi,
ma anche di quelle eroiche. Insomma, non si può costruire un’idea di patria a
metà, partendo dal 1945, oppure dal
1861, saltando a piè pari, l’Italia della Prima guerra mondiale, perché oggi l’articolo
11 della Costituzione ripudia la guerra…
Carlo Gambescia
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