Il ritorno di Ferdinand Tönnies
A chi consigliare la lettura di Comunità e società di Ferdinand Tönnies (1855-1936),
tornato finalmente in libreria per i tipi di Laterza? Forse a una destra, come
quella italiana, soprattutto se di estrazione neofascista, che pur
dichiarandosi da sempre comunitaria, all’atto pratico continua a dividersi su
tutto, come prova, da ultima, la parabola del solipsismo finiano.
Cerchiamo però di essere seri. Uno studio può essere definito classico quando
la qualità dei problemi che ne hanno animato il compimento supera quella delle
soluzioni abbozzate. Ora, sotto questo aspetto Comunità e società, pubblicato
nella Germania di Bismarck, anno di grazia 1887, va considerato un classico. E
non solo della sociologia. Esageriamo? No.
Tönnies non si limita a individuare due fondamentali categorie concettuali,
quelle di Comunità (Gemeinschaft) e Società (Gesellschaft). Ma le concepisce
quale esito di una insopprimibile dialettica sociale tra bisogno di
appartenenza e volontà acquisitiva. Se si vuole: tra identità e società di
mercato. O detto altrimenti: tra affettuosa solidarietà e brusco comprare in
contanti. Quindi ragiona da sociologo e filosofo sociale insieme. Tönnies,
perciò, va oltre la sociologia.
A suo avviso, tutte le formazioni sociali sono opera della volontà umana, e
perciò suscettibili di modifiche e miglioramenti: la volizione umana, insomma,
implica sempre l’azione. Tuttavia, pur ponendo la volontà alla base dell’agire,
Tönnies la divide in volontà essenziale (Wesenwille) e volontà arbitraria
(Kürwille). Ovviamente, chiediamo scusa al lettore per i paroloni in lingua
tedesca…
In realtà, le due forme di volontà, benché entrambe dettate da desideri e
aspirazioni, hanno origini e ruoli differenti. La volontà essenziale anima la
vita comunitaria, mentre la volontà arbitraria il vendere e il comprare. Ciò
significa, come osserva Tönnies, che le due volontà divergono nello stesso modo
in cui « i sistemi di organi e gli organi singoli di un corpo animale »
differiscono da un « utensile artificiale o una macchina costruita con
determinata scopi» ( Ferdinand Tönnies Comunità e società, Edizioni di Comunità
1963, p. 167).
Di riflesso, la libertà che deriva dalla volontà essenziale è una libertà
organica e funzionale alle affinità di parentela, luogo e spirito, affinità che
regolano dall’interno la vita di un gruppo umano. Per contro, la libertà che
discende dalla volontà arbitraria è artificiale, esterna e finalizzata alla
soluzione di calcolati rapporti societari e di mercato. Ciò però non implica,
come rileva Tönnies, che «nella vita sociale e storica dell’umanità , la
volontà essenziale e la volontà arbitraria non possano essere in parte
profondamente connesse, ed in parte affiancate e opposte». Infatti, nonostante
«tutta la cultura» rischi sempre di trasformarsi «in civiltà sociale e statale
(…) i germi sparsi [della cultura comunitaria, ndr] possono rimanere vitali,
[cosicché, ndr] l’essenza e le idee della comunità possono di nuovo ricevere
alimento e sviluppare una nuova cultura nell’ambito di quella che si estingue»
(Ibidem, p. 295).
Tönnies ci insegna tre cose.
In primo luogo, l’analisi della vita sociale non può essere condotta in modo
unilaterale, come invece oggi sostengono (e fanno) mercatisti e decrescisti: i
primi, puntando sull’uomo economico, tutto mercato, calcoli e profitti; i
secondi, deificando uomo ecologico, tutto comunità, bontà e natura. Due errori
clamorosi.
In secondo luogo, alle interpretazione conflittuali ( comunità contro società
di mercato e viceversa), evolutive ( dalla comunità alla società di mercato) o
bucoliche (dalla società di mercato alla comunità), ne va affiancata, se non
privilegiata, una di tipo, per così dire, solidale (comunità e società di
mercato). Un approccio, quest’ultimo, che permetterebbe di capire adeguatamente
quei comportamenti collettivi, frutto di impegno morale e sociale, che permeano
la vita economica. Si pensi solo, per venire ai nostri giorni, al “capitalismo
sociale di mercato”, al “terzo settore” e al complesso fenomeno del
“volontariato sociale”.
In terzo luogo, vanno sempre respinte le mitizzazioni organiciste. Dal momento
che fu proprio Tönnies , dopo l’ascesa al potere del nazismo, a mettere in
guardia i lettori « nei confronti di interpretazioni equivoche e di
applicazioni [ dei suoi concetti, ndr] che si credono intelligenti» (pref.
all'ottava edizione, 1935, ed. it. cit., p. 41). Del resto, anche due pensatori
poco teneri verso l’ organicismo politico e sociale, come Horkheimer e Adorno,
nelle celebri Lezioni di sociologia, ammisero la distanza dei concetti
tönniesiani di comunità e società da ciò che nel Terzo Reich ritorna come «contrapposizione
propagandistica di “comunità di stirpe ariano-germanica” e “società
giudeo-occidentale” » (Istituto per la Ricerca Sociale di
Francoforte, Lezioni di sociologia, Einaudi 1979, p. 48, nota 24).
Resta però un punto debole nell’opera di Tönnies. E probabilmente perché il
pensatore tedesco era un filosofo sociale piuttosto che della politica. A cosa
ci riferiamo? In Comunità e società il “politico”, come decisione e contrasto
amico-nemico, è praticamente ignorato. Infatti, nella comunità, proprio perché
tale, ogni decisione al suo interno non può implicare alcuna divisione
politica, mentre nella società la decisione viene demandata al mercato e il
nemico trasformato in concorrente economico.
Che dire? Nessuno è perfetto, Tönnies compreso.
Carlo Gambescia
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