Può essere una semplice impressione, e per
giunta sbagliata, ma crediamo che destra e sinistra, nelle varie e complesse
anime che le distinguono, non abbiamo prestato sufficiente attenzione alle
gravissime affermazioni di Asor Rosa. Probabilmente, anche questo, è un segno
della difficile situazione muro contro muro in cui sembra essersi infilata
l’Italia. Venerdì scorso abbiamo affrontato la questione in termini
sociologici, oggi proponiamo invece una riflessione giuridica e politica
dell’amico Teodoro Klitsche de la
Grange , particolarmente interessante e condivisibile nei
suoi robusti aspetti giuridici, mai disgiunti da un sano realismo politico,
nonché da quella giusta ironia che ne rende piacevole la lettura. (C.G.)
***
Il golpe, quando e
se fa comodo…
di Teodoro Klitsche
de la Grange
Ci sono molte cose che colpiscono
nell’articolo di Asor Rosa in cui invoca misure d’emergenza a tutela della
democrazia. Precisiamo: non meraviglia l’invocazione di golpe contro governi e istituzioni
confortati dal consenso popolare, perché rientra nel DNA bolscevico, da quando
Lenin fece sciogliere la costituente per l’ottima ragione che i bolscevichi vi
erano in minoranza.
In primo luogo la tesi di Asor Rosa
dev’essere distinta in due giudizi, di “diritto” e di “fatto”. Quanto al primo,
ovvero se sia legittimo ricorrere a misure di emergenza quando le istituzioni
democratiche sono minacciate, non esito a dichiararmi d’accordo con Asor Rosa.
È legittimo: tutti gli Stati in cui non vi sia una norma o una decisione
esplicita che lo prevede sono condannati a “ruinare”, come scriveva
Machiavelli, e se non vogliono “ruinare” devono rompere i loro ordini (cioè la
loro costituzione anche materiale e le loro leggi). E questo è stato ripetuto
tante volte nel pensiero politico e giuridico occidentale da Jhering a Santi
Romano, da Bonald a Carl Schmitt che sarebbe inutile insistervi. Certo il
problema di Asor Rosa sarebbe di convincere a tanto i suoi compagni di strada
tra cui abbondano le vestali del normativismo (ossia delle “regole da forzare”)
le prefiche del diritto mite e di altri idola a metà strada tra utopia ed
irrealtà.
L’altro è il giudizio di fatto, ovvero:
questa situazione concreta è contraria alla democrazia, e suscettibile di
abbatterla? Qui bisogna valutare se le escort
di Berlusconi sono adatte a fare delle Camere un “bivacco di manipoli”, come le
camicie nere; se le guepiéres
possono essere usate come labari; se Emilio Fede può ricoprire il ruolo del dr.
Göbbels, e i triumviri del PDL quello dei quadrumviri della marcia su Roma. E
qua non siamo d’accordo: sarà ma il cavaliere di comune con Mussolini ha solo
il titolo e con Hitler neppure quello, e le differenze tra i seguaci dell’uno –
che somigliano molto spesso al personaggio del “Pomata” in un noto film – e
degli altri, così maneschi e spesso sanguinari, sono ancor più divaricate.
Il giorno dopo, intervistato, Asor Rosa ha
un po’ rettificato il tiro, rientrando – in parte – nel conformismo di
sinistra. Ha spiegato che non sarebbe eversivo chiedere a Carabinieri e Polizia
di fare il golpe perché “sono
organi dello Stato. Sarei eversivo se invocassi la rivolta popolare”; dopo
questa tranquillizzante precisazione ha spiegato in che consisterebbe
l’eversione: “c’è un obiettiva frantumazione delle regole ed è opera del Capo
del governo”.
Ora vogliamo analizzare queste affermazioni
partendo dall’ultima: non ci risulta né che Berlusconi legiferi, né che abbia
preso misure d’emergenza del tipo di quelle di Hitler dopo l’incendio del
Reichstag. Ci sembra che legifera un Parlamento, e, se ricorrono i casi di cui
agli artt. 76 e 77 della Cost., il governo. Che non ha gettato in carcere gli
oppositori, aperto campi di concentramento o luoghi similari. Quanto all’altra
affermazione occorre valutarla: se a giustificare un golpe fosse la
“frantumazione delle regole” l’intera classe dirigente – e non solo politica,
ma anche burocratica e imprenditoriale – dovrebb’essere in galera da tempo,
giacché quello della “frantumazione delle regole” ne è il trastullo preferito.
No: Asor Rosa qua sbaglia: è apprezzabile il
suo allontanamento dal pensiero unico buonista, nonché da Kelsen o da Bobbio, e
il suo civettare con la teoria dell’arcinemico “nazista” Schmitt e del nemico
(dimenticato) Santi Romano. Ma la distanza che ha preso da un pensiero
giuridico-politico realista (e istituzionalista) è ancora grande. Perché
Schmitt ammetteva – perché connaturale alla difesa dello Stato – le misure
d’emergenza, ma per difendere la Costituzione , intesa come decisione fondamentale
sulla forma e specie dell’unità politica, e non per intendersi, al fine di
impedire la “prescrizione breve”. Per salvare quella cioè le istituzioni
pubbliche fondamentali o i presupposti della vita politica è consentito, anzi è
doveroso proclamare lo stato d’emergenza e procedere a rotture costituzionali.
Per Santi Romano la necessità “implica un’esigenza esplicita ed impellente di
bisogni sociali, che impone una determinata condotta in difesa delle
istituzioni vigenti… Talvolta, le leggi scritte accordano, in casi di
necessità, al potere esecutivo la facoltà di emanare decreti e ordinanze… Ma
anche quando tali leggi scritte mancano, o sono inadeguate alla situazione che
si è formata, e persino quando espressamente vietano che si faccia uso di
poteri eccezionali e straordinari, questi potranno essere assunti ed esercitati
in forza della necessità”; richiede cioè “un’esigenza non puramente razionale,
ma istituzionale… In ogni caso salus rei
publicae suprema lex”.
L’importante è distinguere quando la res publica è in pericolo e quando lo
sono le aspirazione al potere di partiti e corporazioni. Cosa che la sinistra
(e forse non da sola) non ha imparato a fare. Asor Rosa ce ne dà un’altra
conferma.
Teodoro Klitsche de la Grange
Avvocato, giurista, direttore del
trimestrale di cultura politica“Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri:
Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della
cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009).
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