lunedì 18 aprile 2011

Può essere una semplice impressione, e per giunta sbagliata, ma crediamo che destra e sinistra, nelle varie e complesse anime che le distinguono, non abbiamo prestato sufficiente attenzione alle gravissime affermazioni di Asor Rosa. Probabilmente, anche questo, è un segno della difficile situazione muro contro muro in cui sembra essersi infilata l’Italia. Venerdì scorso abbiamo affrontato la questione in termini sociologici, oggi proponiamo invece una riflessione giuridica e politica dell’amico Teodoro Klitsche de la Grange, particolarmente interessante e condivisibile nei suoi robusti aspetti giuridici, mai disgiunti da un sano realismo politico, nonché da quella giusta ironia che ne rende piacevole la lettura. (C.G.)

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Il golpe, quando e se fa comodo…

di Teodoro Klitsche de la Grange






Ci sono molte cose che colpiscono nell’articolo di Asor Rosa in cui invoca misure d’emergenza a tutela della democrazia. Precisiamo: non meraviglia l’invocazione di golpe contro governi e istituzioni confortati dal consenso popolare, perché rientra nel DNA bolscevico, da quando Lenin fece sciogliere la costituente per l’ottima ragione che i bolscevichi vi erano in minoranza.
 In primo luogo la tesi di Asor Rosa dev’essere distinta in due giudizi, di “diritto” e di “fatto”. Quanto al primo, ovvero se sia legittimo ricorrere a misure di emergenza quando le istituzioni democratiche sono minacciate, non esito a dichiararmi d’accordo con Asor Rosa. È legittimo: tutti gli Stati in cui non vi sia una norma o una decisione esplicita che lo prevede sono condannati a “ruinare”, come scriveva Machiavelli, e se non vogliono “ruinare” devono rompere i loro ordini (cioè la loro costituzione anche materiale e le loro leggi). E questo è stato ripetuto tante volte nel pensiero politico e giuridico occidentale da Jhering a Santi Romano, da Bonald a Carl Schmitt che sarebbe inutile insistervi. Certo il problema di Asor Rosa sarebbe di convincere a tanto i suoi compagni di strada tra cui abbondano le vestali del normativismo (ossia delle “regole da forzare”) le prefiche del diritto mite e di altri idola a metà strada tra utopia ed irrealtà.
 L’altro è il giudizio di fatto, ovvero: questa situazione concreta è contraria alla democrazia, e suscettibile di abbatterla? Qui bisogna valutare se le escort di Berlusconi sono adatte a fare delle Camere un “bivacco di manipoli”, come le camicie nere; se le guepiéres possono essere usate come labari; se Emilio Fede può ricoprire il ruolo del dr. Göbbels, e i triumviri del PDL quello dei quadrumviri della marcia su Roma. E qua non siamo d’accordo: sarà ma il cavaliere di comune con Mussolini ha solo il titolo e con Hitler neppure quello, e le differenze tra i seguaci dell’uno – che somigliano molto spesso al personaggio del “Pomata” in un noto film – e degli altri, così maneschi e spesso sanguinari, sono ancor più divaricate.
 Il giorno dopo, intervistato, Asor Rosa ha un po’ rettificato il tiro, rientrando – in parte – nel conformismo di sinistra. Ha spiegato che non sarebbe eversivo chiedere a Carabinieri e Polizia di fare il golpe perché “sono organi dello Stato. Sarei eversivo se invocassi la rivolta popolare”; dopo questa tranquillizzante precisazione ha spiegato in che consisterebbe l’eversione: “c’è un obiettiva frantumazione delle regole ed è opera del Capo del governo”.
 Ora vogliamo analizzare queste affermazioni partendo dall’ultima: non ci risulta né che Berlusconi legiferi, né che abbia preso misure d’emergenza del tipo di quelle di Hitler dopo l’incendio del Reichstag. Ci sembra che legifera un Parlamento, e, se ricorrono i casi di cui agli artt. 76 e 77 della Cost., il governo. Che non ha gettato in carcere gli oppositori, aperto campi di concentramento o luoghi similari. Quanto all’altra affermazione occorre valutarla: se a giustificare un golpe fosse la “frantumazione delle regole” l’intera classe dirigente – e non solo politica, ma anche burocratica e imprenditoriale – dovrebb’essere in galera da tempo, giacché quello della “frantumazione delle regole” ne è il trastullo preferito.
 No: Asor Rosa qua sbaglia: è apprezzabile il suo allontanamento dal pensiero unico buonista, nonché da Kelsen o da Bobbio, e il suo civettare con la teoria dell’arcinemico “nazista” Schmitt e del nemico (dimenticato) Santi Romano. Ma la distanza che ha preso da un pensiero giuridico-politico realista (e istituzionalista) è ancora grande. Perché Schmitt ammetteva – perché connaturale alla difesa dello Stato – le misure d’emergenza, ma per difendere la Costituzione, intesa come decisione fondamentale sulla forma e specie dell’unità politica, e non per intendersi, al fine di impedire la “prescrizione breve”. Per salvare quella cioè le istituzioni pubbliche fondamentali o i presupposti della vita politica è consentito, anzi è doveroso proclamare lo stato d’emergenza e procedere a rotture costituzionali. Per Santi Romano la necessità “implica un’esigenza esplicita ed impellente di bisogni sociali, che impone una determinata condotta in difesa delle istituzioni vigenti… Talvolta, le leggi scritte accordano, in casi di necessità, al potere esecutivo la facoltà di emanare decreti e ordinanze… Ma anche quando tali leggi scritte mancano, o sono inadeguate alla situazione che si è formata, e persino quando espressamente vietano che si faccia uso di poteri eccezionali e straordinari, questi potranno essere assunti ed esercitati in forza della necessità”; richiede cioè “un’esigenza non puramente razionale, ma istituzionale… In ogni caso salus rei publicae suprema lex”.
 L’importante è distinguere quando la res publica è in pericolo e quando lo sono le aspirazione al potere di partiti e corporazioni. Cosa che la sinistra (e forse non da sola) non ha imparato a fare. Asor Rosa ce ne dà un’altra conferma.


 Teodoro Klitsche de la Grange



Avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009). 

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