Un grande economista e tante altre cose
Ricordo di Giuseppe Palomba
Giuseppe Palomba, un meraviglioso cervello in continua ebollizione,
come il curioso, ma rispettoso, fotomontaggio sembra voler provare...
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Un economista refrattario
Venticinque anni fa, ad essere precisi il 30
gennaio 1986, moriva Giuseppe Palomba, economista refrattario, dal momento che
sarebbe improprio definirlo eretico… Anche perché parliamo di un professore
ordinario non di outsider come Gesell e Douglas, soldati «del coraggioso
esercito degli eretici », secondo la classica definizione di Keynes a pagina
542 della General Theory ( Utet).
Ma refrattario a che cosa? Alle alte temperature dei luoghi comuni. E per
questo incompreso, perfino da economisti aspiranti eretici, come Geminello
Alvi. Il quale, una volta, quando ancora spezzavamo il pane insieme, lo bollò
come confusionario.
Di regola, gli economisti non leggevano Palomba perché troppo filosofo, mentre
i non economisti, non lo capivano, perché troppo matematico. E ancora oggi è
così.
Galeotta fu la biblioteca
Chi scrive ha scoperto Palomba per puro caso
(quando si dice la serendipità…). Dove? Biblioteca della Fondazione Sturzo,
fine anni Ottanta: mentre lavoravamo su altre cose, dal catalogo spuntò, come
in una storia di Harry Potter, un suo estratto dalla “Rivista di Politica
Economica”, anno 1934, dal titolo demodée: L’eterogeneità sociale e l’economia
corporativa”… Dove Palomba estendeva la teoria della circolazione delle élite
allo studio della società corporativa. Ponendo fondati dubbi sulla possibilità
di creare un’economia corporativa integrale (spunto poi ripreso nel suo Corso
di economia politica corporativa , uscito in due volumi nel 1940). Fu un colpo
di fulmine. Dovuto alla sua brillante capacità, rara negli economisti, di
estendere la riflessione sociologica all’ economia, senza fare a sconti
nessuno. E nel 1934 al potere c’era Mussolini…
Biografia in pillole
Qualche notizia biografica. Giuseppe
Palomba, nasce in provincia di Caserta (San Nicola La Strada ) il 9 maggio del
1908, si laurea giovanissimo in economia a Napoli nel 1929. Studia con big come
Corbino Niceforo, Barbagallo e Amoroso, economista allievo di Pareto. Nel 1932
frequenta la London
School of Economics. Nel 1935 consegue la libera docenza in
Economia politica e si dedica in particolare agli studi di economia matematica.
Nel 1939 è in cattedra a Catania. Nel dopoguerra insegna a Napoli (Facoltà di
Economia) e negli anni Settanta a Roma (Facoltà di Scienze Politiche). Socio
dell’Accademia dei Lincei e di numerose istituzioni internazionali è autore di
una ventina di libri. Nei ricordiamo tre, particolarmente lussureggianti: Fisica economica (1970); Morfologia economica (1970); L’espansione capitalistica (1973),
tutti pubblicati dalla Utet, e purtroppo esauriti da anni.
Un'economia applicata ai problemi
concreti
La galoppata teorica di Palomba non conosce
steccati: tre i principali campi d’indagine.
Il primo è quello dei rapporti tra sociologia ed economia. Accurato lettore di
Pareto, Leone, Michels, Perroux, Palomba non crede nell’esistenza di
un’economia astratta e separata dalle istituzioni sociali. Di qui l’interesse
per lo studio dei rapporti tra classi sociali, strutture di potere e teoria
economica. Per Palomba è sempre necessario distinguere tra economia politica e
politica economica. La prima ha valenza teorica, la seconda pratica. La prima
implica l’impiego della spiegazione scientifica, la seconda talvolta l’ uso
della forza. E il ruolo dell’economista è di mediare tra i due aspetti,
puntando sull’economia applicata ai problemi concreti. Detto altrimenti:
sull’economia sociale di mercato. Per capirsi, secondo Palomba non esistono
economisti puri (come oggi predica il neoliberismo) né politici puri (come in
passato propugnava il fascismo), ma economisti e politici che si sporcano le
mani con la politica economica. Ad esempio, per venire all’oggi, elaborando
concretamente quel piano industriale di cui tutti parlano a vanvera…
Economia ed entropia
Il secondo filone è quello dell’economia
matematica. A giudizio di Palomba, quando si studia l’ economia teorica, va
conservata l'analogia tra scienze fisiche ed economiche, estendendola però ai
principi einsteiniani di relatività speciale e generale, usando il linguaggio
dell’algebra tensoriale e la teoria dei gruppi di trasformazione. Tutta roba
molto complicata… Ma quest’ultimo filone rinvia al terzo. Palomba, partendo dal
concetto di relatività, giunge a sostenere che i sistemi economici, sono
sistemi chiusi, e dunque soggetti a entropia: una crescente “disorganizzazione”
che implica, tra le varie ipotesi, anche quella del declino. Tesi poi
sostenuta, e con maggiore fortuna, da Georgescu-Roegen.
Una curiosità senza limiti
Lettore onnivoro, Palomba si è confrontato
con autori come Evola, Guénon, Spengler, i classici del pensiero islamico e
cristiano, Donoso Cortés, Lenin, Marx. Inoltre chiunque abbia assistito alle
sue lezioni universitarie o partecipato agli incontri organizzati nella sua
casa napoletana di Monte di Dio, come ricorda l’allievo Eugenio Zagari, ne
rimpiange le doti umane. E, cosa non secondaria, l’ incontenibile desiderio di
interrogarsi e interrogare gli altri. Come prova l’evoluzione del suo pensiero.
Che, semplificando al massimo, passa prima per una fase spengleriana, però con
inflessioni evoliane-toynbeeiane (anni Quaranta) e poi guénoniana, di
avvicinamento e conversione (?) all’Islam (prima metà anni Cinquanta).
Palomba e Guénon
Una chicca. La sua Introduzione all’economica ( Pellerano
- Del Gaudio 1950), appena uscita gli valse il plauso di René Guénon: “Ci
felicitiamo vivamente con il professor Palomba per il coraggio di cui dà prova
reagendo così in pieno ambiente universitario, alle idee moderne e ammesse
ufficialmente, e possiamo solo consigliare la lettura del suo libro a tutti
quelli che si interessano a questi problemi e conoscono la lingua italiana,
poiché ne trarranno grande profitto” (R. Guénon, Recensioni, Edizioni all’Insegna del Veltro 1981).
L’Introduzione è tuttora
apprezzata negli ambienti tradizionalisti Perché racchiude una piccola parte
dedicata all’economia medievale… Dove Palomba, muovendosi abilmente tra
esoterismo ed economia, oppone in modo convincente l’organicità del mondo
tradizionale all’individualismo dell’economia borghese.
Economista del dialogo
Si tratta di una fase, complessivamente
tradizionalista, che l’economista supera nella seconda metà degli anni
Cinquanta, aprendosi alla filosofia cristiana della storia, agostiniana in
particolare. Puntando però sul dialogo con la modernità piuttosto che sul
conflitto. Tuttavia il suo giudizio sul Sessantotto resta negativo, al punto di
scorgere nella reciproca violenza tra giovani e polizia, l’incarnarsi dello
spirito stesso dell’Anticristo. Negli anni Settanta si rafforza la sua amicizia
con Silvano Panunzio, pensatore cristiano, alla cui rivista
"Metapolitica" l’economista accetta di collaborare.
Palomba piuttosto che nella rivolta crede nel dialogo, e con tutti, dal
tradizionalista al marxista. Il suo è un personalismo cristiano, dunque non
ateo, ma aperto al mondo. Come prova questa dedica: “Umile omaggio di un timido
tentativo. Giuseppe Palomba” . Scritta di suo pugno, anno di grazia 1978, su un
estratto inviato in dono all’Istituto Gramsci, dove ora è consultabile. Si
tratta dei Dialoghi fra un cattolico e un
marxista, testo che poi confluirà insieme ad altri simili nella
raccolta Tra Marx e Pareto
(De Simone 1980). Insomma, un economista da leggere e rileggere. E magari da
consigliare a Tremonti. Il quale pur andando notoriamente pazzo per le
citazioni colte, quelle che fanno tanto Ministro Illuminato, finora ha snobbato
Palomba. C’è però sempre tempo per rimediare.
Carlo Gambescia
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