Il libro della settimana: Francesco
Forte, L’economia
liberale di Luigi Einaudi. Saggi, Leo S. Olschki, Firenze 2009, pp. XVIII-368, euro 41,00
- http://www.olschki.it/ .
Alzi la mano chi non ha mai studiato economia sul celebre
Manuale di Politica Economica di Francesco Forte? La domanda è rivolta
in particolare agli studenti di scienze politiche e sociali degli anni Settanta
del secolo scorso.
Scommettiamo infatti che non sono pochi gli universitari
di quella generazione che hanno avuto il privilegio di studiare sui quattro
volumi, scritti dall’ enciclopedico economista, e pubblicati nella vecchia PBE
(“Piccola Biblioteca Einaudi”). E perciò di scoprire, grazie alla cultura
sterminata di Forte, oggi professore emerito dell'Università La Sapienza di Roma, che l’
economia era (ed è) qualcosa di più complesso delle pure e semplici leggi
dell’offerta e della domanda.
Pertanto non potevamo non segnalare, all’interno di una bibliografia fattasi di anno in anno sempre più ricca, l’ultima fatica di Francesco Forte: L’economia liberale di Luigi Einaudi. Saggi, (Leo S. Olschki, Firenze 2009, pp. XVIII-368, euro 41,00). Dove sono raccolti e rielaborati gli studi da lui dedicati a Luigi Einaudi. Il quale nel 1961, particolare non secondario, volle Forte come suo successore alla cattedra torinese di Scienza delle Finanze.
Pertanto non potevamo non segnalare, all’interno di una bibliografia fattasi di anno in anno sempre più ricca, l’ultima fatica di Francesco Forte: L’economia liberale di Luigi Einaudi. Saggi, (Leo S. Olschki, Firenze 2009, pp. XVIII-368, euro 41,00). Dove sono raccolti e rielaborati gli studi da lui dedicati a Luigi Einaudi. Il quale nel 1961, particolare non secondario, volle Forte come suo successore alla cattedra torinese di Scienza delle Finanze.
Siamo al cospetto di un grosso volume, diviso in quattro
parti. E scritto con scienza e coscienza, per dirla in modo solenne : con la dottrina
dello scienziato e con la consapevolezza di aver avuto come maestro uno
studioso della statura di Luigi Einaudi: un grande liberale di una specie oggi
molto rara, come quando dichiarava in una lettera a Ernesto Rossi (citiamo da
Forte) :
.
“Io
non sono liberista; come lei, con tanti altri, scrive nel memorandum. La
differenza non è tra liberista e interventista; ma fra
interventismo e interventismo. Mi guardo bene dal dire, in seguito a qualunque
specie di calcolo, ai giovani o dal far loro dire, a mezzo di commissioni di
esami o fissazioni di numeri: tu farai l’avvocato o l’ingegnere o il contadino.
Ciò mi ripugna. Ma non mi ripugna affatto far pagare ai contribuenti 500.000
borse di studio (per cominciare) a giovani che diano buone promesse. Scelgano
essi, cadano si risollevino” (p. 211).
.
Come dicevamo, il libro è diviso in quattro parti: la
prima biografica (“Einaudi economista appassionato e maestro”); la seconda è
dedicata al suo modello di “economia pubblica”; la terza, su cui ritorneremo tra
poco, si occupa dei rapporti tra “neoliberalesimo e mercato”; la quarta invece
affronta l' “ordine monetario e mercati globali”.
Perché la seconda parte ha colpito la nostra attenzione?
Per una semplice ragione: è utile per capire come il liberalismo einaudiano,
pur ( o proprio) restando fedele a una concezione etica della libertà rimanga
frutto di una visione qualitativa, prepartitica, rivolta a tutelare tutti,
maggioranze e minoranze. Una posizione, secondo Forte, simile a quella di
Croce. E quindi completamente diversa, ad esempio, dalla riduttiva visione
keynesiana del liberalismo, a rischio di statalismo, perché puramente economica
e quantitativa. Del resto criticata dallo stesso Einaudi.
In questo senso, come giustamente osserva Forte, la sua
posizione ricorda quella di Wilhelm Röpke, scomparso nel 1966 e con il quale
Einaudi fu in contatto. Parliamo di un economista liberale, spesso in
disaccordo anche con Hayek e Mises, che teorizzò una terza via liberale, tra
collettivismo (persino di tipo social-liberale) e manchesterismo. Röpke fu nel
secondo dopoguerra tedesco, uno degli esponenti di punta della cosiddetta
“economia sociale di mercato”. Di qui le frizioni con la Scuola Austriaca ,
notoriamente poco amante persino di una terminologia trascendente l’individuo.
Sotto questo profilo sarebbe molto interessante rileggere
le Lezioni di politica sociale, scritte da Einaudi tra il 1943 e il
1944. Dove l’ introduzione di efficaci legislazioni antimonopolistiche, sociali
e doganali, nel caso di industrie nascenti ( misura quest’ultima di sapore
listiano, liberal-nazionale...), viene ricondotta nell’alveo, per usare la
terminologia di Röpke, degli interventi “conformi” all’economia di mercato.
Fermo restando, secondo Einaudi, il sempre incombente pericolo di sprechi e
corruzione. Rischio, comunque, da correre, ma consapevolmente,
Pagine importanti, come sottolinea Forte, in polemica con
certe interpretazioni liberal del pensiero einaudiano, proprio per la
consapevolezza del rischio di cui sopra, di regola sottovalutato dalla scuola
democratico-progressista, così legata a considerazioni puramente quantitative o
semplicemente economiche del benessere ( spesso utilitaristiche, come il
famigerato teorema del massimo di felicità conseguibile per maggior numero di persone,
a prescindere dalla sua dannosità o meno per le minoranze).
Pagine, continua Forte, segnate dalla distinzione
Pagine, continua Forte, segnate dalla distinzione
.
“fra gli interventi sociali coerenti con
i principi dell’economia di mercato e i valori della libertà e
dell’individualità, e quelli del modello di stato del benessere dalla culla
alla bara, beveridgiani, che Röpke ed Einaudi avversavano perché incompatibile
con quei principi e valori”.
.
Modello welfarista, come si dice oggi, davanti al quale
però era sbagliato chiudere gli occhi. Scriveva, infatti,
.
“Einaudi a Röpke nel gennaio 1944, da
Basilea, preannunciandogli il suo corso universitario a Ginevra, per gli
studenti italiani, profughi in Svizzera, ‘il dilemma è: prenderlo di fronte
oppure cercare di attenuarne le parti più pericolose?’ ” (pp. 235-236).
.
Einaudi e Röpke scelsero di mitigarlo, puntando
sull’economia sociale di mercato. Di qui l'importanza del libro di Forte che,
attraverso Einaudi, indica, proprio in tempi difficili come i nostri, percorsi
alternativi al collettivismo come al manchesterismo. Dunque un bel libro,
lontano da ogni estremismo, sul quale riflettere.
Carlo Gambescia
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