Questione palestinese
Vicolo cieco
Ogni volta che si legge quel che sono costretti a subire
i palestinesi di Gaza cadono veramente le braccia. E cresce in noi la
sensazione di completa impotenza. E soprattutto di scetticismo verso la
possibilità di un'equa soluzione dell'intera questione. Ormai, crediamo,
politicamente infilatasi nel vicolo cieco della repressione e della violenza.
Sappiamo di non dire nulla di nuovo, ma probabilmente la causa dello stallo è legata all' alleanza, praticamente di ferro, tra Stati Uniti e Israele. E soprattutto alla volontà americana di non contraddire mai il principale alleato in Medio Oriente. Mentre l’Europa, per parte sua, si è finora limitata a restare alla finestra, cercando con qualche misura, priva però di rilievo politico, di non inimicarsi al tempo stesso israeliani, palestinesi e americani. Una scelta veramente deprimente: di pura sopravvivenza politica.
Pertanto, ed è inutile girarvi intorno, si tratta di un problema di (grande) politica estera e di alleanze strategiche globali. E fino a quando gli Stati Uniti non faranno pressione diretta su Israele, per giungere a una pace non lesiva dei diritti palestinesi, e l’Europa continuerà ad accodarsi alle scelte americane, Gaza e gli altri territori somiglieranno sempre più a un’autentica polveriera.
Certo, si può intervenire in chiave umanitaria, cercando di aiutare le popolazioni palestinesi, almeno a sopravvivere… Ma la questione di fondo difficilmente cambierà. Anche perché la repressione israeliana favorisce l’escalation politica delle correnti più estremiste all’interno del movimento palestinese, e non solo. Di qui quella crescente spirale di odio reciproco, già abbondantemente in atto, che non promette nulla di buono per il futuro.
Che cosa potrebbe fare l’Europa? Due le possibilità.
O agire direttamente. Come dire, in modo autonomo. Tuttavia qualsiasi concreta politica filo-palestinese verrebbe subito intesa dagli alleati americani e da Israele come un atto ostile. E l’Europa, attualmente, è in condizione di sopportare, anche economicamente, le conseguenze di una rottura con gli Usa? Anche perché, se optasse decisamente per i palestinesi, dovrebbe poi cercare di appoggiarsi ad altre sponde geopolitiche fidate. Ma quali?
O agire indirettamente, cercando di fare pressione sugli Stati Uniti, attraverso le vie della politica e della diplomazia. E poi sperare che gli Usa, a loro volta, eccetera, eccetera. Ma l’Europa, attualmente, è in grado di esercitare anche la minima pressione sugli americani? Attenzione, parliamo dell’Europa, così com’è oggi: un’entità geopolitica, istituzionalmente ancora in progress, e incapace perciò di minacciare chicchesía, anche solo velatamente. E che sul piano economico per bocca di Trichet, spera nel rafforzamento del dollaro...
Un vicolo cieco. Con i palestinesi di Gaza, che vivono ormai in stato di segregazione. E gli israeliani, soprattutto gli attuali governanti di destra, che credono solo nell’uso della forza e della repressione. E tutti gli altri a guardare... Ecco, i requisti per un'altra tragedia storica ci sono tutti, proprio tutti.
Sappiamo di non dire nulla di nuovo, ma probabilmente la causa dello stallo è legata all' alleanza, praticamente di ferro, tra Stati Uniti e Israele. E soprattutto alla volontà americana di non contraddire mai il principale alleato in Medio Oriente. Mentre l’Europa, per parte sua, si è finora limitata a restare alla finestra, cercando con qualche misura, priva però di rilievo politico, di non inimicarsi al tempo stesso israeliani, palestinesi e americani. Una scelta veramente deprimente: di pura sopravvivenza politica.
Pertanto, ed è inutile girarvi intorno, si tratta di un problema di (grande) politica estera e di alleanze strategiche globali. E fino a quando gli Stati Uniti non faranno pressione diretta su Israele, per giungere a una pace non lesiva dei diritti palestinesi, e l’Europa continuerà ad accodarsi alle scelte americane, Gaza e gli altri territori somiglieranno sempre più a un’autentica polveriera.
Certo, si può intervenire in chiave umanitaria, cercando di aiutare le popolazioni palestinesi, almeno a sopravvivere… Ma la questione di fondo difficilmente cambierà. Anche perché la repressione israeliana favorisce l’escalation politica delle correnti più estremiste all’interno del movimento palestinese, e non solo. Di qui quella crescente spirale di odio reciproco, già abbondantemente in atto, che non promette nulla di buono per il futuro.
Che cosa potrebbe fare l’Europa? Due le possibilità.
O agire direttamente. Come dire, in modo autonomo. Tuttavia qualsiasi concreta politica filo-palestinese verrebbe subito intesa dagli alleati americani e da Israele come un atto ostile. E l’Europa, attualmente, è in condizione di sopportare, anche economicamente, le conseguenze di una rottura con gli Usa? Anche perché, se optasse decisamente per i palestinesi, dovrebbe poi cercare di appoggiarsi ad altre sponde geopolitiche fidate. Ma quali?
O agire indirettamente, cercando di fare pressione sugli Stati Uniti, attraverso le vie della politica e della diplomazia. E poi sperare che gli Usa, a loro volta, eccetera, eccetera. Ma l’Europa, attualmente, è in grado di esercitare anche la minima pressione sugli americani? Attenzione, parliamo dell’Europa, così com’è oggi: un’entità geopolitica, istituzionalmente ancora in progress, e incapace perciò di minacciare chicchesía, anche solo velatamente. E che sul piano economico per bocca di Trichet, spera nel rafforzamento del dollaro...
Un vicolo cieco. Con i palestinesi di Gaza, che vivono ormai in stato di segregazione. E gli israeliani, soprattutto gli attuali governanti di destra, che credono solo nell’uso della forza e della repressione. E tutti gli altri a guardare... Ecco, i requisti per un'altra tragedia storica ci sono tutti, proprio tutti.
Carlo Gambescia
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