Ieri l’altro abbiamo esaminato il piano americano, elaborato dall’amministrazione Trump (*). Oggi sembra essere il turno della controproposta europea, che tenta di correggerne gli aspetti più controversi.
La controproposta europea, articolata e redatta in larga parte da Gran Bretagna, Francia e Germania, si fonda sul piano degli Stati Uniti, seguendo dunque le linee già tracciate a Washington. In pratica, più che proporre un’alternativa autonoma, sembra correre a rimorchio. Nonostante ciò, ogni punto viene esaminato con attenzione, con suggerimenti, modifiche e cancellazioni, nel tentativo di imprimere almeno qualche correzione europea al disegno americano. (**).
Le differenze non mancano, ma sotto la superficie c’è una continuità che dovrebbe preoccuparci. Una questione di metodo: in entrambi i casi l’Ucraina rischia di essere trattata più come un oggetto di negoziato che come un soggetto politico pienamente riconosciuto. È una dinamica tipica della diplomazia quando la priorità è chiudere un conflitto, più che affrontarne le cause. Che si fa? Si costruisce una cornice e poi si chiede al Paese invaso di adattarsi.
E’ di questo aspetto che desideriamo occuparci, in particolare di esercito, NATO e confini, se si preferisce delle basi della sovranità Ucraina. E diciamo pure di ogni sovranità.
Ci si muove infatti su un terreno scivoloso perché i due piani propongono limiti significativi alle capacità di difesa dell’Ucraina: gli Stati Uniti fissano un tetto di 600.000 effettivi, gli europei alzano l’asticella a 800.000. Sono numeri diversi, ma la logica non cambia: un esercito definito dall’esterno è l’ammissione di una sovranità condizionata. Anche sul fronte geopolitico il messaggio è ambiguo. Washington rende esplicito che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO deve essere accantonato; l’Europa afferma che al momento “non c’è consenso”, formula più elegante ma sostanzialmente equivalente.
A questo si aggiunge la gestione esterna di territori e infrastrutture chiave. La proposta europea di mettere la centrale di Zaporizhzhia sotto una supervisione condivisa, o la logica americana che fa partire i negoziati dalla linea di contatto sul terreno, finiscono entrambe per cristallizzare gli effetti dell’aggressione russa, senza riconoscerli formalmente ma accettandoli come “punto di realtà”. È il modo in cui un sopruso rientra dalla finestra quando lo si è cacciato dalla porta.
Il rischio politico è evidente: una pace costruita su concessioni di questo tipo non risolve il conflitto, lo congela. E lo congela alle condizioni dell’invasore. È un equilibrio che può sembrare pragmatico a chi osserva da lontano, ma per chi lo deve vivere — anzi, subire — significa ritrovarsi con una sovranità amputata e con la certezza che la minaccia non è davvero scomparsa, solo sospesa. La storia ci mostra che tregue costruite in questo modo tendono a durare poco e a preparare la fase successiva della crisi. Si chiama anche realismo politico a breve termine.
La vera domanda è se l’Occidente voglia sostenere l’Ucraina come soggetto politico autonomo oppure se preferisca gestire il dossier come un regolamento di conti tra potenze, dove Kiev è, suo malgrado, un elemento da sistemare. Nel primo caso la strada è più difficile ma produce una pace duratura. Nel secondo è più rapida, ma rischia di trasformarsi in un precario compromesso che lascia l’Ucraina in una condizione di dipendenza. E qui viene spontanea un'altra domanda: l'Occidente di Trump è lo stesso Occidente di Macron, Starmer, Merz? A parole sembra di no. Però poi nei fatti... Diciamolo tutta: se si evoca l'Occidente, lo si evoca al ribasso.
Una pace credibile deve partire dal riconoscimento della piena sovranità ucraina, nel fatto concreto, e non dal calcolo di quanto di quella sovranità può essere sacrificato per ottenere un cessate il fuoco o qualcosa che somigli a una promessa di pace. Se non si ha ben chiaro questo, ci si riduce a un’amministrazione del danno: ordinata, magari ben intenzionata, ma pur sempre un modo per mascherare un’ingiustizia, un modo per coprire l’aggressione russa e permettere così che in futuro torni a violare la sovranità — peraltro vacillante — dell’Ucraina e di altri Paesi.
Sia nel progetto americano che in quello europeo è assente l’idea di dare una lezione a Mosca. Si dirà che non è possibile perché, per ora, bene o male, sul campo l’Ucraina in qualche modo resiste, e ciò nuoce al buon nome dei russi… Beh, ma allora ditelo.
Inciso italiano: Giorgia Meloni sembra sia stata precettata da Trump a mediare tra Stati Uniti e Europa (“onore” toccato, così sembra, anche al presidente finlandese). Ma, ammesso e non concesso che la cosa sia vera, di che razza di mediazione si tratta? Su quali porzioncine di sovranità lasciare all’Ucraina? Ridicolo.
Concludendo, ciò che è in gioco non è solo la chiusura di un conflitto, ma la forma futura dell’Europa e la dignità politica dell’Ucraina. Perché una pace che nasce da limiti imposti — all’esercito, alla NATO, ai confini — non è una pace: è un’amministrazione dell’aggressione, mascherata da pragmatismo. Fermare i missili è necessario, certo, ma se nel farlo si consegna pezzo dopo pezzo la sovranità del Paese colpito, allora non stiamo proteggendo l’Ucraina: la stiamo mettendo in saldo in una trattativa tra potenze.
E – ripetiamo – una pace così non dura. Non restituisce sicurezza a Kiev, né invia a Mosca quel messaggio fondamentale: che l’Europa non intende accettare la logica del più forte. Senza questo, il rischio è di produrre solo una tregua fragile, destinata a rompersi, e di aprire la porta alla prossima aggressione. Perché una pace vera comincia solo quando chi è stato colpito torna a essere pienamente soggetto del proprio destino, non oggetto della nostra ansia di chiudere il dossier.
Carlo Gambescia
(**) Per possibili raffronti, comunque su testi ufficiosi, qui la controproposta europea: https://theprint.in/world/full-text-of-european-counter-proposal-to-us-ukraine-peace-plan/2790668/?utm_source=chatgpt.com , qui i punti di Trump: https://www.indiatoday.in/world/us-news/story/read-full-text-of-trumps-28-point-ukraine-russia-peace-plan-glbs-2823500-2025-11-21?utm_source=chatgpt.com .




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