sabato 26 ottobre 2024

“Il Foglio” e la destra (tra caso e necessità)

 


Non convince la linea del “Foglio” sul governo Meloni. Non facciamo nomi però. Si tratta di una “lineassa” semicollettivistica, che nelle ultime settimane ha preso il sopravvento. E che ruota intorno alla vecchia tesi usata dai fascistissimi per difendere Mussolini dopo la caduta: “Lui” era bravo, il “contorno” però…

Tradotto: la Meloni è capace, si muove bene in Italia e in Europa, pure negli Stati Uniti. Una certezza per l’Occidente. Mentre il resto del partito, escluso il cerchio magico, si comporta come i contrabbandieri macedoni del Maestro Battiato. Manca un centro di gravità permanente. Cioè, ci sarebbe, ma guarda troppo in direzione dell’obelisco del Foro Italico.

Probabilmente forziamo un poco. Però sostanzialmente la tesi è questa. E viene usata sempre dal “Foglio”, in chiave di prelavaggio, per attaccare una sinistra difesa, oggi come ieri (quando era al potere), da giudici e giornalisti. Due categorie professionali che invece attaccano senza tregua il governo Meloni. Indebolito su questo fronte dalle carenze della classe dirigente di Fratelli d’Italia, non in grado di ricoprire, si legge, cariche ministeriali o comunque di prestigio istituzionale. E che quindi finisce sempre nel mirino spernacchiante della sinistra.

Qui invece si rivela la debolezza del mussolinismo-difensivo, o giustificazionismo, del “Foglio” (“lei è brava, gli altri cattivi”). Perché delle due l’una: o il governo “è” Giorgia Meloni, quindi “Batwoman” prima o poi metterà i suoi omuncoli in riga, o i Primo Arcovazzi del partito (citazione dal “Federale”di Salce), che a tratti sembrano tenerla in pugno, distruggeranno l’immagine del partito dei patrioti (“Svizzero? No, Italiano”) a colpi di scandali, eia-eia e figuracce “bocciofile”.

In realtà il concetto, che è alle basi del giustificazionismo del “Foglio”, si nutre di una contraddizione: per un verso si confida nella facoltà extraterrestri di Giorgia Meloni, per l’altro, si spera nell’ evoluzione della specie fascista in specie conservatrice, magari pure liberale e addirittura antifascista: processo implicito, si legge, nell’inevitabile e diffuso pragmatismo del quotidiano lavoro di governo. Detto altrimenti: la pratica di governo come fattore addomesticante. Riuscì con i re longobardi perchè non dovrebbe riuscire con  Teolinda Meloni?

Purtroppo non si diventa conservatori e liberali in un giorno  e neppure nel corso di una legislatura. Soprattutto quando, come Giorgia Meloni, non ci si è mai interrogati, fin da principio e con onestà intellettuale, non tanto e non solo sul fascismo, ma sulla pericolosità della brodaglia culturale (antiliberale e anticapitalista) che ha favorito e favorisce, per citare l’ottimo Tasca, la nascita e avvento del fascismo e del neofascismo. E che ancora circola in quantità non modiche nel sistema sanguigno di Fratelli d’Italia.

La catena evolutiva di Fratelli d’Italia da partito neofascista a partito conservatore-liberale manca di un fondamentale anello culturale, rappresentato proprio da Giorgia Meloni. Per capirlo basta leggere i suoi libri  pieni zeppi di contenuti reazionari. Possibile che al "Foglio" nessuno abbia dedicato qualche ora alle fatiche letterarie della Meloni?

Sia come sia,  al “Foglio” si spera che Giorgia Meloni trasformi il caso (la fortuna di avere vinto le elezioni) nella necessità di un’ evoluzione liberal-conservatrice.

In realtà, come detto, Giorgia Meloni non può tramutarsi in “Batwoman” conservatrice e liberale, al massimo può travestirsi come a Carnevale. E di conseguenza i Primo Arcovazzi continueranno a fare e dire cazzate (pardon).  

Fino a quando? Difficile dire.  Perché tutto dipende dagli anticorpi liberal-democratici della società italiana. 

Carlo Gambescia


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