Ieri l’altro abbiamo visto Soldados de Salamina, tratto dall’ omonimo romanzo di Javier Cercas, che conseguì, grazie a quest’opera sulla guerra civile spagnola, un successo internazionale.
Il film è inferiore al romanzo, ma il punto non è questo. C’è un filo rosso (diciamo rosso-nero) che attraversa il romanzo di Cercas, coltissimo uomo di sinistra: quello del contrasto tra Franco e la Falange. Da una parte Franco, un sanguinario dittatore, un conservatore, un orco realista, dall’altro, la Falange, movimento fascista spagnolo, non proprio da promuovere a pieni voti per il suo inveterato anticomunismo, ma piena zeppa di idealisti e nemica del capitalismo, quindi del concetto stesso di profitto privato, che ne è il normalissimo motore.
La stessa sera di Soldados – nessuno è perfetto – abbiamo seguito “Caro Marziano” di Pif. Un attore, regista, conduttore, che non ci dispiace, un uomo sicuramente colto. Nel programma ci si occupava di un bravissimo e simpatico artigiano del giocattolo, che dona o quasi le sue “opere”. Anche qui, come da linea editoriale di “Caro Marziano”, grande antipatia verso il concetto di profitto.
Certo, il campione sociologico è ridotto. Forse osiamo (metodologicamente) troppo. Però Cercas e Pif, due intellettuali di sinistra, uno spagnolo, uno italiano, con missioni diverse (letteratura e comunicazione), detestano il profitto. Cercas rivaluta addirittura la Falange, Pif l’artigiano pre-Rivoluzione industriale. E sotto questo aspetto hanno valore idealtipico. Perché la lista di coloro che hanno sposato, culturalmente parlando (quindi prima che politicamente), la causa dell’anticapitalismo romantico è lunga. Affonda le radici nel primo Ottocento.
Andando oltre la tuttora preziosa rassegna di Raymond Williams sul rapporto tra cultura e Rivoluzione industriale, la prima citazione (tra le tantissime) che ci sovviene è quella di Balzac. Che statuì l’inevitabile relazione, da lui vista in chiave addirittura di chimica sociale, tra grandi fortune e grandi delitti.
Molto correttamente, Marx, pur avido lettore di romanzi e romanzetti (da Balzac a Sue), diffidava dei romantici. E capì subito ( o quasi) che il profitto, andava studiato scientificamente, eccetera, eccetera. Perciò, con Engels, in modo altrettanto intelligente, riabilitò il borghese, quantomeno come ruolo storico, fin dalla stesura del Manifesto.
Il che significa che Cercas e Pif devono tornare a Marx? No. O sì, ma fino a un certo punto, come poi vedremo.
Del resto le vie del marxismo sono imprevedibili. Costanzo Preve (ma potremmo fare altri nomi di marxisti movimentisti, a partire da Toni Negri, che veleggiò disinvoltamente da Spinoza a San Francesco), attirandosi le critiche di marxisti romantici e scientisti, propose addirittura di coniugare Platone, Aristotele e Marx, ripartendo dall’ontologia sociale di Lukács. Cioè dal rapporto organico tra filosofia e bisogni sociali costitutivi, relazione giudicata nei termini di una nuova metafisica sociologica (Lukács ben conosceva le pagine di Simmel, sul rapporto tra forma sociale-contenuto storico). Per farla breve: Preve opponeva la ragione sociale degli antichi (quella che poi Heidegger chiamerà metafisica) alla distruzione della ragione politica dei moderni.
Pertanto Cercas e Pif dovrebbero tornare a Preve? No. In realtà, andrebbe conservato l’approccio scientifico di Marx, però così come l’ha ripensato Lucio Colletti, ripensando il concetto di profitto, come normale categoria non dell’economia capitalistica ma dell’economia di mercato. Si chiama anche laicismo cognitivo. Si tratta, in qualche misura, di riuscire a liberare Marx da Marx, non ricadendo nell’anticapitalismo romantico, né nel leninismo alla Al Capone, ma aprendosi agli apporti della scienza della società aperta. A dire il vero, Colletti quasi alla fine del suo percorso a Marx sostituì Popper. E qui, parta pure il quarto movimento della Nona di Beethoven. La famosa corale celebrativa : Freude, schöner Götterfunken/Tochter aus Elysium, eccetera,
Ovviamente quando detto fin qui non è cibo per palati sottili. Il livello di Cercas e Pif, due intellettuali comunque colti, è quello dell’anticapitalismo pavloviano: da riflesso condizionato, appena si accende la lampadina profitto. Si comportano come il pezzo di mascella, se ricordiamo bene, del Cyborg killer semidistrutto di “Terminator”,
Battute a parte, non pretendiamo che la sinistra, o quel che ne resta, debba ricalcare le orme di Colletti, che qualche errore pur fece, cadendo, per senile vanità, nella rete parlamentare di un personaggio balzachiano come Berlusconi. Però preferire la Falange e l’artigiano pre-industriale non aiuta.
Concludendo, l’anticapitalismo romantico, porta a Heidegger. E con Heidegger a un tipaccio, sempre con i baffetti corti, agitatissimo, quasi un mezzo matto, che fino all’ultimo, chiuso nel bunker, si atteggiò a vittima di improbabili complotti.
Altro che Franco, “Franquito el cuquito que va a lo suyito”, che però morì nel suo letto e si guardò bene dall’allearsi organicamente con Hitler e Mussolini. Il “suyito” fu quello della Spagna, che dopo la seconda guerra conobbe una nuova rivoluzione industriale, accrebbe le risorse del paese, favorì la crescita del tenore di vita degli spagnoli, favorendo “indirettamente” il successivo ritorno della democrazia.
Il che – attenzione – non significa che fu un politico democratico. Tutt’altro. Fucilò e imprigionò, soprattutto subito dopo la fine della guerra civile. Però capì, anche se a suo modo, la modernità economica. Per quegli incredibili effetti non previsti delle azioni sociali, modernizzò la Spagna senza saperlo.
Un’ultima cosa, sappiamo bene che la nostra “equazione” sociologica , anzi metapolitica, rischia di portare acqua al mulino di qualche nuovo Pinochet. Però ogni Pinochet non è che il rovescio della medaglia, dispiace dirlo, dell’anticapitalismo romantico alla Allende.
Il compito di cambiare, dal momento che i fascisti sono irrecuperabili, spetta alla sinistra. Ma è in grado di cambiare? Di accettare finalmente la modernità economica del profitto? Cercas e Pif provano, purtroppo, che la strada è ancora lunga.
Carlo Gambescia
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