venerdì 26 luglio 2024

Trump & Co. e il dilemma della democrazia liberale

 


Era inevitabile che Trump usasse il passo indietro di Biden come un’occasione per dipingere i democratici come autori di un golpe e nemici della democrazia.

Dall’introduzione storica della democrazia liberale, i suoi nemici – e Trump non è che un epigono – usano i principi democratici per agguantare il potere e poi cancellare la democrazia liberale.

Di regola, viene evocato il potere del popolo, del plebiscito, contro élite dipinte come corrotte, che predicano bene e razzolano male (per dirla alla buona). Da almeno due secoli la stampa di destra pubblica gli stessi articoli e titoli. I nostri Sechi, Belpietro, eccetera, non dicono nulla di nuovo.

Si potrebbe risalire a Napoleone III, foraggiatore di giornali amici e affossatore di un parlamento liberale e di una monarchia costituzionale. Napoleone III prima fu presidente repubblicano poi imperatore per plebiscito.

In seguito Lenin, Mussolini, Hitler usarono i mezzi della democrazia liberale (dalla libertà di stampa allo stato di diritto) per afferrare il potere e poi sopprimere tutto.

Come ci si può difendere dai nemici della libertà che sfruttano la libertà per liquidarla? Mettendoli fuori gioco. Come? Ricorrendo a ogni  mezzo: legale e illegale. E, come vedremo, la cosa  potrebbe non bastare.

Sarebbe ovviamente preferibile la via legale. In Europa, dopo il 1945, in particolare in Germania, si vietò per legge la ricostituzione di partiti nazisti, fascisti e comunisti. Nella Germania occidentale venne istituito un apposito organo che doveva decidere della costituzionalità dei partiti. In Italia, tra le norme transitorie della Costituzione, si introdusse il divieto di ricostituzione del partito fascista.

Nonostante ciò (inclusa una successiva legislazione,   con tentativi perfino  di respiro europeo), oggi in Germania e in Italia, partiti, pur con denominazioni diverse ma di derivazione fascista o comunista, competono ad armi pari con i partiti liberal-democratici, addirittura all’interno del parlamento europeo. In Italia sono addirittura al governo. E il fenomeno riguarda, purtroppo, l’intera Unione Europea.

La legalità non è bastata. Come del resto negli Stati Uniti, dove Trump, grazie al garantismo del sistema giudiziario liberale, è uscito indenne persino dall’accusa di tentato colpo di stato. Il paradosso è nel fatto che il sistema giudiziario statunitense, come in ogni sistema liberale, pur ritenendolo colpevole di varie frodi e abusi (anche sessuali), ha permesso a Trump, a causa di una specie di proceduralismo inerziale, di continuare a insidiare la democrazia liberale.

I suoi avversari si trovano nella strana situazione di competere con un nemico che, una volta al sicuro grazie  a leggi che disprezza e vuole cancellare, rovescia sui democratici le stesse accuse rivolte contro di lui. Trump utilizza il sistema contro il sistema. Per distruggerlo.

Dicevamo del ricorso a mezzi illegali. Illegali rispetto alle norme in vigore, ma perfettamente legittimi rispetto alla difesa dei principi liberali che regolano il sistema. Se la legalità implica la distruzione di una società liberale, va sospesa, per il periodo di tempo necessario a eliminare i suoi nemici in nome della legittimità liberale.

Qui risiede il dilemma della società liberale: una società per pochi, che per reggersi ha necessità dei molti, ma che favorisce, rispetto ad altre società storiche la libertà dei molti.

Per capirsi: a governare, storicamente e sociologicamente sono sempre in pochi, ma, all’interno di queste coordinate metapolitiche, il liberalismo garantisce, rispetto ad altri sistemi, maggiore libertà e migliore tenore di vita. Sono verità lapalissiane eccetto che per i nemici del liberalismo che blaterano, solo per afferrare il potere, di democrazia integrale, articolandola di volta in volta in termini di sovranità popolare, secondo criteri, comunitari, identitari, nazionalisti e razziali. Si potrebbe parlare di una specie di istinto cieco dell’assolutismo politico (sul punto torneremo più avanti).

Si pensi a una dinamica in atto da alcuni secoli tra superlegittimità (la sovranità del popolo, evocata dai nemici del liberalismo come mezzo per distruggere le istituzioni liberali), legittimità (propugnata dai difensori delle istituzioni liberali) e legalità (delle procedure, che mette sullo stesso piano i nemici e i difensori della libertà).

Ovviamente la difesa della legittimità, sulla base del ricorso alla forza, implica alcuni pericoli, che di seguito elenchiamo: 1), quello principale, della volontà di martirio che sfocia nella guerra civile; 2) quello secondario, sempre legato alla martirologia, di ricorso al terrorismo, da parte dei partiti messi fuori gioco; 3) quello di una situazione di stato di eccezione, gestita dalle forze dell’ordine, che rischia di limitare la libertà anche degli stessi membri, in alto come in basso, favorevoli al sistema liberal-democratico.

Il ricorso alla forza, come altre forme di azione sociale, è sempre suscettibile di effetti perversi, contrari alle intenzioni, pur buone, dei promotori.

Il vero punto della questione è che si dovrebbe fare il possibile per non giungere all’uso della forza contro i nemici della liberal-democrazia. Pensiamo ad esempio a una socializzazione liberale e a un’economia di mercato in costante crescita. Insomma a una maturazione che purtroppo la società di massa, con i suoi riti e costumi plebiscitari, non favorisce.

Si rifletta. Già il nostro ragionamento sulla necessità del ricorso alla forza rappresenta un punto a favore dei nemici della società liberale. Fascisti, nazisti, comunisti, oggi mascherati da populisti, sovranisti, isolazionisti, insomma in veste di difensori di un “dato” popolo, si augurano la guerra civile, per poter così dare sfogo a tutto l’odio che hanno in corpo contro la liberal-democrazia. E finalmente distruggerla.

A che scopo? Per imporre una superlegittimità, che, come la storia mostra, dove sono riusciti, non è assolutamente esercitata dal popolo. Cosa che, va ripetuto, rimane impossibile da realizzare in chiave integrale. Infatti, storicamente parlando, la sovranità del popolo ha trovato il suo combinato disposto, per quanto imperfetto, nelle liberal-democrazie. Sotto questo aspetto, metapoliticamente parlando,  da una parte abbiamo  2-3 secoli di esperimento liberale, dall'altra  47-48 di assolutismo.

Conclusioni? Siamo messi male. I nemici della società liberale potrebbero vincere. La storia, tornando sulla questione del “cieco istinto”, parla la lingua dell’ assolutismo, prima per “diritto divino”, poi per “diritto popolare”. Non è facile cambiare le cose.

Purtroppo, sul piano di una specie di superlegittimità, la sovranità, sia nel caso della liberal-democrazia che in quello dei suoi nemici, viene considerata patrimonio del popolo. E il popolo sovrano, come detto, oggi come oggi, segue gli usi e costumi della società di massa. Non immuni da quel cieco istinto assolutista già ricordato.

Bad Moon Rising, per dirla con i vecchi “Creedence”. E non solo sugli Stati Uniti.

Carlo Gambescia

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