Purtroppo si deve prendere atto che in Francia, per la prima volta dal 1945, esiste il rischio che vincano le elezioni coloro che scorgono tuttora nel Maresciallo Pétain, che collaborò con i nazisti, un salvatore della patria.
Il nome della “cosa ” può mutare. Cioè li si chiami neofascisti, fascisti, nazisti, radicali di destra, eccetera, ma la sostanza non cambia: sono forze politiche anticapitaliste, antiliberali, razziste e nazionaliste.
I francesi, come nel 1940, sembrano essere stanchi della democrazia parlamentare. E come nel 1940 sullo sfondo si staglia un nuovo alleato, Putin, che ricorda Hitler, al quale la Francia di Pétain sacrificò tutto, a partire dalla dignità nazionale, pur di tornare al quotidiano tran tran.
I popoli, purtroppo, non avvertono le grandi questioni della libertà, introdotte per la prima volta nella storia dalle moderne rivoluzioni liberali. E se questo ricorrente atteggiamento politico è diffuso in Francia, patria del costituzionalismo liberale, figurarsi altrove. E qui si pensi a un paese come l’Italia che addirittura ha politicamente inventato il fascismo.
È amaro asserirlo, ma sociologicamente parlando, sul piano della
libertà di parola e di pensiero, gli effetti di un regime politico
sulla gente comune, dal punto di vista della vita quotidiana – il tran
tran – sono quasi nulli. L’impiegato continua fare l’impiegato, il
tassista il tassista, l’infermiere l’infermiere, e così via. Non poter
leggere un libro, un giornale, esprimere un' opinione politica, per chi
vive in modo inerziale, non è un problema.
Ci si chiederà allora il perché della possibile sconfitta di Macron: se le masse sono “inerziali”, lo stesso governo dovrebbe durare per sempre. Diciamo Macron a vita.
Non è proprio così. Un grande liberale francese Raymond Aron, sulla scia di un altro pensatore, suo conterraneo, Élie Halévy, riprese il concetto, tipico della “tirannie del XX secolo”, di “organizzazione dell’entusiasmo”. Che aveva e ha il suo corrispettivo nell’ organizzazione dell’odio: un processo politico-sociale, fondato sul meccanismo del capro espiatorio e su una mobilitazione di massa, organizzata dall’alto, tesa in realtà a paralizzare l’individuo e intrupparlo in una massa abulica e guidata da parole d’ordine.
Pertanto la violenta polemica, non solo contro la sinistra, ma contro le forze liberali in quanto tali, non è altro che il frutto velenoso di una organizzazione dell’odio, come in Francia, contro il liberale Macron, dipinto come un nemico del popolo, proprio come nel 1940 la destra reazionaria, intorno a Pétain, liquidò ministri e deputati della Terza Repubblica, frutto marcio, si diceva, del liberalismo francese.
La vita dei popoli rimane in uno stato di quiete, inerziale, fin quando non interviene una forza esterna a modificarne lo stato. Ed è questo il caso dell’organizzazione dell’odio che sollecita una nuova risposta, anche violenta, per poi lasciare che le masse tornino allo stato di quiete. Al tran tran quotidiano.
Ovviamente, come nel caso francese, non si tratta di un puro caso: Marine Le Pen rinvia a Philippe Pétain, il quale rimanda a Charles Maurras, e quest’ultimo a Joseph de Maistre, insomma al pensiero controrivoluzionario nemico del liberalismo. Una forza esterna, come dicevamo.
I nemici della civiltà liberale sono tornati. E ora, per ironia della sorte, potrebbe toccare alla Quinta Repubblica. In Francia, dove il liberalismo mosse i primi passi.
Carlo Gambescia
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