Si dice che la politica estera debba sempre essere scuola di realismo politico. E che cos’è il realismo politico? Badare più agli interessi che ai valori. Pertanto essere realisti significa innanzitutto pensare solo all’Italia: alla sua sicurezza economica e politica. Si chiama difesa dell’ interesse nazionale.
Giorgia Meloni si propone di fare buoni affari economici con la Cina, paese che, come noto, è una dittatura. L’ideologia di Fratelli d’Italia, pur rinviando all’anticomunismo, sembra non impedire accordi economici con un paese comunista.
Il realismo dov’è? Nel prendere atto che all’Italia conviene mettere da parte qualsiasi pulsione romantica e aumentare l’interscambio con Pechino. Di qui la valanga di grafici in materia prodotta dai think tank meloniani o vicini alla destra. Per la serie “che tocca fare per campare” (se ci si perdona la caduta di stile).
Esiste però un’altra versione del realismo politico, più convincente, quella dell’immaginazione del disastro (*). Cioè il realista politico, pur difendendo l’interesse nazionale ne prolunga il raggio di azione: non si limita a valutare il presente ( realismo a quo), come nel caso del viaggio di Giorgia Meloni in Cina, ma guarda più lontano al futuro (realismo ad quem) (**).
Cosa significa guardare lontano? Vuol dire evitare l’errore che si è commesso con la Russia, altra dittatura, che ha visto una disastrosa involuzione dei rapporti economici, che si poteva prevedere, perché nelle dittature l’ultima parola è sempre di tipo militare.
Si dirà che Cina e Russia sono grandi potenze, quindi non si può fare a meno di intrattenere rapporti economici, eccetera. Insomma, non si può nascondere la testa nella sabbia. Qui però viene fuori il lato stupido del nazionalismo, che distingue l’attuale governo, che si muove come se l’Italia non fosse parte dell’Europa e dell’Occidente. Attenzione, parte “cognitiva”, non solo valoriale, eccetera.
Un inciso. Va ricordato che sui rapporti tra dittature e mondo libero, anche i governi precedenti, non di destra, hanno commesso lo stesso errore di Giorgia Meloni. Prodi, solo per fare un esempio, insiste tuttora sull’idea di non lasciare la Cina economicamente sola.
La sinistra continua a ragionare in termini di ottimismo economico. Cioè sposa l’ idea che l’interesse economico sia più forte di quello militare. Sotto questo profilo la scelta pro Cina e pro Russia della sinistra rinvia a motivazioni di tipo universalista non nazionalista.
Tuttavia nei due casi (Meloni e Prodi, semplificando) si tratta di realismo politico a quo (a breve termine). Un combinato, neppure così disposto, tra nazionalismo e ottimismo che – comunque sia – esclude quell’immaginazione del disastro che caratterizza invece il realismo politico ad quem (a lungo termine).
Dicevamo di Gorgia Meloni e del respiro corto del nazionalismo. Ci spieghiamo meglio.
Essere parte “cognitiva” dell’Occidente e dell’Europa significa afferrare al volo, quasi in automatico, la differenza che corre tra una democrazia e una dittatura. E soprattutto immaginare il disastro, a cominciare dai rapporti economici. Disastro che può essere provocato in qualsiasi momento dalle scelte militari in ultima istanza delle dittature.
È vero che il libero commercio favorisce gli scambi tra culture e può convertire una cultura di guerra in una cultura di pace. Lo sviluppo della storia interna dell’Occidente ne è una riprova. Però, ecco il punto nodale, con Russia e Cina non ha mai funzionato. Per la semplice ragione che questi due paesi non hanno mai accettato la modernità nei suoi risvolti liberali.
E qui si apre un’altra questione. L’attuale governo, e in particolare Fratelli d’Italia, ha le stesse difficoltà russe e cinesi nell’accettare la modernità liberale. Si tratta di un’eredità fascista. Il che spiega, e concludiamo: 1) l’estraneità della destra italiana ai valori dell’Occidente; 2) le simpatie per le dittature; 3) certo realismo politico a breve termine, che, come quello mussoliniano, può portare l’Italia alla rovina.
Carlo Gambescia
(*) In argomento si veda J. Molina, L’immaginazione del disastro. Raymond Aron, realista politico, Edizioni Il Foglio (autunno 2024).
(**) Sul punto si veda C. Gambescia, Il grattacielo e il formichiere. Sociologia del realismo politico, Edizioni Il Foglio 2019, pp. 23-31 (https://www.amazon.it/grattacielo-formichiere-Sociologia-realismo-politico/dp/887606785X ) .
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