Siamo consapevoli del rischio: annoiare i lettori. Pensiamo ai nostri non pochi articoli su Giorgia Meloni, sulle destre, sul fascismo. Che hanno ormai una periodicità quasi quotidiana. Quindi l’accusa di ripetitività potrebbe starci tutta.
“Potrebbe”, se il mondo intorno a noi fosse un mondo normale. Ma, come sembra, non è più così.
In realtà – ecco quel che ci spinge a scriverne – scorgiamo un rischio: quello dell’assuefazione a una grave processo di regressione politica in atto. Che vede al potere un governo di estrema destra, autoritario, dalle palesi radici missine e neofasciste.
Si pensi a un fatto gravissimo. E di un eccezionale valore simbolico, diremmo addirittura epocale. Giorgia Meloni, cosa che non ha precedenti (qui l’epocalità), è riuscita a dividere il G7 sull’interruzione di gravidanza. Cioè vuole rimettere in discussione la normalità liberale. La grammatica dei diritti individuali. E a livello altissimo, internazionale. Si vuole introdurre la nuova normalità del reazionario tradizionalismo fascista.
Ciò significa che questa destra, se gli italiani (ma il pericolo è mondiale) non usciranno dallo stato di torpore in cui sono, potrà procedere spedita nella sua missione: rimettere indietro, almeno di un secolo, le lancette della storia. Siamo davanti a una destra nemica della modernità liberale. Quindi i secoli in gioco potrebbero anche essere di più.
Una destra che disprezza la democrazia rappresentativa, la libertà di mercato, i diritti civili, la libertà di pensiero, parola e circolazione. Si potrebbe parlare di un vero e proprio passo indietro. La cosa ha un nome preciso: reazione politica. Altro che conservazione. Peggio.
Non si dia retta all’atteggiamento pro Ucraina di Giorgia Meloni, del resto limitato all’invio di armi e munizioni, che ancora non sono state fabbricate: scelta tattica verso Biden in attesa che vinca Trump, altro ammiratore di Mussolini. Prontissimo a scaricare Zelensky per favorire l’amico Putin.
In questi giorni si è ricordato Matteotti, e giustamente. Ma si dovrebbero ricordare tutti gli omicidi politici dei fascisti e neofascisti, da Matteotti al giudice Amato. Per non parlare delle stragi.
Ieri alla Camera è stato malmenato un deputato del Movimento Cinque Stelle. Non cambieranno mai: sono gli stessi che aggredirono Giovanni Amendola numerose volte fino a provocarne la morte, a causa delle gravi lesioni riportate: anno di grazia 1926. Potremmo ricordare Don Minzoni, Gobetti, i fratelli Rosselli, lo stesso Gramsci (che questa destra svergognata vuole oggi celebrare), malatissimo, rinchiuso nelle prigioni fasciste. Però non desideriamo fare liste di nomi. Rinviamo alle numerose pubblicazioni in materia.
La storia e la sociologia del fascismo, come pure quella del
neofascismo sfociato nel terrorismo nero, comprovano un nesso
indissolubile tra fascismo e violenza. Chi è “tentato” dal fascismo
ricorre inevitabilmente alla violenza perché vi scorge un normale
strumento di lotta politica. Nei fascisti la violenza è fisiologica,
rappresenta la regola non l’eccezione. È ovvio, per dirla alla buona,
che un comportamento del genere poi tiri fuori il peggio dagli avversari
tramutati in nemici politici. Che, magari, per onestà va detto, come i
comunisti, ci mettono del loro. Ma, come ha provato Nolte, gli
estremismi politici si toccano e si compensano tristamente a vicenda. Da
tristo: chiunque provi un torbido compiacimento nel far del male agli
altri.
Sotto questo aspetto il realismo politico fascista,
addirittura oggi rivendicato da certi pseudo-intellettuali di destra, è un realismo
politico criminogeno. Con un lato tragicomico. Molti, ovviamente tra i neofascisti, rivendicano, come una specie di "patentino umanitario" le tracce di socialismo rivenibili nel fascismo. Come se (aspetto chiarito per primo da Renzo De Felice), non fosse noto l'odio di Mussolini, già da socialista, verso tutte le forme di socialismo umanitario. Per inciso sul rapporto tra il solipsismo di Mussolini e la sua
inclinazione alla violenza ha scritto cose interessanti Augusto Del
Noce.
Il socialismo che piaceva ai fascisti, come confermano pur in contrasto tra di loro figure come Bottai e Spirito, era quello autoritario e antiumanitario che Stalin stava costruendo in Russia. Quanto alla socializzazione salotina, fu un una pura e semplice buffonata, diciamo l'ultima disperata trovata di un Mussolini marionetta dei nazisti,
Alcuni si meravigliano del guardingo vittimismo della Meloni. Sembra essere sempre sul piede di guerra. Ovvio, proviene da un contesto culturale intriso di cultura della guerra civile. Il disprezzo meloniano verso la sinistra è politicamente atavico, risale allo squadrismo.
Una mentalità politica, che, per ammissione non solo di Mussolini ma degli stessi gerarchi fascisti (Farinacci e Pavolini, tra gli altri, senza considerare le figure minori *), scorgeva nella “squadra”, un microcosmo movimentista di fratelli, cementato dall’odio verso i nemici. Nella migliore delle ipotesi un “sostegno contro”.
Insomma, la violenza come collante politico. Questo è stato il fascismo: dallo squadrismo alle brigate nere del 1943-1945, ai disordini di piazza, ai deputati malmenati, al terrorismo nero.
E questa gente, oggi, è al potere.
Carlo Gambescia
(*) In argomento, tra gli altri, si veda il puntuale studio di Matteo Milan, Squadrismo e squadristi nella dittatura fascista, Viella 2014. Sulla questione delle violenza fascista, anche in termini di nomi e cognomi, cifre ed eventi, rinviamo alla sterminata opera di Mimmo Franzinelli. Per De Felice si rinvia ai primi due volumi della sua biografia di Mussolini (vol. I e vol. II, tomo I, Einaudi 1965 e 1966). Per Augusto Del Noce, si veda L'epoca della secolarizzazione, Giuffrè, Milano 1970, pp. 124-125.
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