mercoledì 1 maggio 2024

Sorman contro Milei

 


Guy Sorman, classe 1944, filosofo politico ed economista liberale, non avrebbe bisogno di presentazioni. L'uso del condizionale si spiega con il fatto che in Italia, a parte qualche puntata editoriale negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, Sorman è tuttora un oggetto misterioso. Di lui ricordiamo La soluzione liberale (Longanesi 1985), lucida testimonianza, sulla rinascita del liberalismo negli anni Ottanta, oggi preistoria, causa di lucciconi.

Sorman più che un teorico resta tuttora un attento osservatore del fenomeno  liberale, animato da una profonda vena di realismo politico. Un approccio irrituale  che, più di una volta, lo ha trasfigurato nel nemico di dio e dei nemici di dio. Detto altrimenti dei liberali e degli antiliberali. Una specie di capro espiatorio.

Gli stessi professoroni liberali, qui in Italia (i famosi quattro gatti in disaccordo su tutto, persino sul colore dei cappellini delle consorti di Hayek), al solo udire del nome storcono il naso. Su di lui pesa l’accusa di dilettantismo. Oltre che di certo presenzialismo mediatico, ormai però ricordo del passato.

Comunque sia, non desideriamo polemizzare. Sorman è un liberale serio, attento al ruolo delle istituzioni e delle mentalità. Semplificando (si fa per dire): è individualista (metodologico) ma non troppo. Ha scritto una trentina di libri, insegnato nelle università di mezzo mondo e scrive, meno di un tempo, su tutto ciò che si chiama carta stampata. Le cose non le manda mai dire. Cosa che capita, come vedremo, anche con il Presidente Milei (classe 1970, per par condicio).

Sorman ha la doppia cittadinanza: americana e francese. Qui il suo blog (non aggiornato, a proposito di presenzialismo…): https://gsorman.typepad.com/guy_sorman/ .

Per capirne l’approccio, ma anche per una valutazione critica, molto critica, dell’ “esperimento liberale Milei” in corso nella turbolenta e statalista Argentina, abbiamo tradotto un editoriale di Sorman apparso ieri su “La Nación”, prestigioso quotidiano di Buenos Aires  fondato nel 1870. Al quale collaborò, solo per fare un nome, José Ortega y Gasset.

Sorman contro Milei, un duello interessante. Buona lettura.

Carlo Gambescia

 

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Javier Milei e il liberalismo al contrario
di Guy Sorman

 


Come è capitato con il generale Pinochet, che rivendicando il liberalismo economico, lo ha reso illegittimo, ora ci troviamo di fronte a una situazione simile, però ancora più pericolosa. Sappiamo che il presidente argentino si qualifica come il profeta della dottrina liberale e che intende applicarla senza remore.

Se riuscirà a tirare fuori l’Argentina dal pantano economico e politico in cui è precipitata, dovremo ringraziarlo: avrà dimostrato che il liberalismo è la soluzione alla povertà, alla discriminazione e alla decadenza. E se invece dovesse fallire? Il liberalismo non si riprenderà non prima che sia trascorsa un’ intera generazione. O comunque per tutto il tempo che sarà necessario per dimenticare uno stravagante presidente.

Perciò spero che riesca, ma ne dubito. Non per pessimismo, ma perché mi sembra che concepisca il liberalismo al contrario, rispetto a ciò che realmente significa.

Il liberalismo è soprattutto una filosofia della società e della storia. Si basa sul presupposto che l’individuo, grazie al suo spirito imprenditoriale e al suo senso morale, è più capace dello Stato nel far progredire se stesso, la sua famiglia e la società. Nessuno dei grandi filosofi liberali, ad eccezione di alcune figure marginali come Murray Rothbart, ha liquidato il ruolo dello Stato, ignorato la storia o l’esistenza della società civile, così ricca di tensioni e contraddizioni.

Pertanto un liberale riflessivo non può che partire dalla realtà e dal riconoscimento che ovunque la maggioranza della gente non capisce cosa sia il liberalismo, e non capendo non lo abbraccia spontaneamente, anzi è più propensa a rivolgersi allo Stato come supremo protettore . Per questo motivo è praticamente impossibile vincere le elezioni puntando su un programma strettamente liberale.

L’elezione di Milei è perciò frutto di una inaspettata congiuntura storica, e non è ancora chiaro se fortunata o meno . Gli argentini che lo hanno votato hanno voluto soprattutto esprimere la loro noia e il loro rifiuto nei confronti di uno statalismo sociale inefficace, che più o meno risale all’ epoca del generale Perón.

Milei è stato scelto per difetto e non per applicare alla lettera una dottrina liberale che conosce solo per aver sfogliato alcuni libri sull’argomento. Pertanto, il presidente argentino, già parte con il piede sbagliato, quando presuppone in modo immaginario che l’intera popolazione possa aderire alla sua visione fondamentalista, in cui l’individuo occupa tutto lo spazio, la “società” non esiste e lo Stato viene ignorato. Essere liberali, caro presidente Milei, significa soprattutto essere umili. E negoziare per convincere gli avversari a diventare partner nell’attuazione di una politica ragionevole, progressista e non violenta.

Non è però questa la strada che egli ha intrapreso. Il suo metodo è di escludere coloro che non sono d’accordo con la la sua visione fondamentalista. Milei non sa cosa significhi negoziare. Il suo fondamentalismo è l’esatto opposto del liberalismo, sicché non può che accentuare il suo isolamento.

A parte la sorella, indovina di professione, chi consulta? Gli unici ad applaudirlo in Argentina e altrove (al vertice dei miliardari di Davos, per esempio) sono alcuni oligarchi che credono di pagare troppe tasse quando, in genere, non è così.

Di fatto, le uniche misure adottate finora dal Presidente sono consistite nell’eliminazione dei sussidi per i prodotti essenziali, senza i quali gli argentini di umile condizione, cioè più della metà della popolazione, non possono sopravvivere. L’unico vantaggio apparente di questa politica della motosega è quello di ridurre il deficit pubblico e soddisfare i severi requisiti contabili del Fondo monetario internazionale.

Il che implica il rischio, atteso da molti, di una rivoluzione sociale che, come accaduto con alcuni suoi predecessori, rimuova il presidente dall’incarico. Naturalmente non sto dicendo che dovremmo violare la Costituzione argentina e liberarci del Presidente Milei. La mia speranza è che rimetta sulle sue gambe il liberalismo, partendo però dalla società così com’è: fondamentalmente povera, ad eccezione di una molle élite abituata a depositare presso banche estere i suoi considerevoli capitali.

Se Milei prendesse in considerazione la società così com’è, la povertà così com’è, si porrebbe la domanda di come i più poveri possano essere reintegrati, passo dopo passo, in un mercato del lavoro capace garantire retribuzioni in grado di favorire la sopravvivenza di tutti.

Ciò può essere possibile solo incoraggiando l’imprenditorialità e gli investimenti esteri, cioè creando un clima giuridico rassicurante e sostenibile, e non sommando altro disordine a quello ereditato. La stessa proposta iniziale del candidato Milei di sostituire la moneta nazionale con il dollaro era una teoria interessante, ma, a parte il fatto che l’idea è stata abbandonata, essa si basava su un’analisi falsa, insinuando che la Banca Centrale fosse la principale colpevole dell’inflazione. La verità è che l’inflazione deriva dalle richieste illimitate di finanziamenti da parte del governo centrale e delle province. Per contenere l’inflazione non occorrono quindi proclami teorici, quanto piuttosto un ripensamento delle istituzioni argentine che invece non è stato intrapreso.

Finché i potentati provinciali potranno sperperare senza risparmiare sulle spese, i deficit si accumuleranno, la moneta crollerà, l’inflazione continuerà a distruggere la vita dei  più poveri.

Se Milei dedicasse più tempo a un’autentica comprensione del pensiero liberale, scoprirebbe che innanzitutto ci si deve occupare delle istituzioni. Ciò che i pensatori liberali hanno auspicato fin dal XVIII secolo (da Adam Smith a Hayek) è una Costituzione economica, che abbia sul piano giuridico e morale una forza equivalente a quella della Costituzione politica. Proprio come una Costituzione politica si basa sull’ordine, sulla legge e sul rispetto dei diritti umani, una Costituzione economica liberale – che non esiste in Argentina – imporrebbe il rispetto della proprietà, il diritto di intraprendere e la stabilità della moneta, e dovrebbe punire le violazioni di questi tre principi.

Infine, non esiste una politica liberale che non sia a lungo termine. Ciò significa che il Presidente Milei dovrebbe collaborare con i suoi avversari per elaborare un piano in grado di far coincidere la tempistica delle riforme con la durata del suo mandato.

In questo modo il popolo argentino potrebbe finalmente capire dove lo si vuole condurre. Mentre al momento la politica di Milei risulta incomprensibile alla maggioranza dei cittadini. Peggio ancora, se nei prossimi mesi, se si tradurrà in sofferenze popolari e nell’ inasprimento delle ostilità sociali e politiche.

Ci auguriamo quindi che i leader politici, economici, sociali, religiosi e culturali dell’Argentina salvino il Presidente Milei dai suoi stessi eccessi. Salvare Milei equivarrebbe a salvare il liberalismo. Sarebbe come salvare l’Argentina e impedire che in futuro il liberalismo non sia visto nel continente latino-americano come l’invenzione diabolica di pochi economisti, dalla mentalità ristretta, sostenuti da plutocrati.

Per un verso, l’ ottimismo mi spinge a credere che questo liberalismo, se moderato, pianificato e a lungo termine, potrebbe salvare l’Argentina fino a farla diventare un modello per altri paesi impantanati in difficoltà simili. Per altro verso, purtroppo, il realismo, mi porta a dubitare di questa felice prospettiva. Temo che l’Argentina non riesca a superare l’esperimento liberale e ritorni alla dittatura.

Milei potrebbe benissimo tramutarsi in dittatore, stando almeno ai suoi discorsi revisionisti sul regime militare degli anni Settanta. Se le cose andassero così il liberalismo non si riprenderebbe più

Perché una Costituzione economica liberale – che in Argentina non esiste – impone il rispetto della proprietà, il diritto di intraprendere e la stabilità della moneta.

Guy Sorman (*)

(*) “La Nación”, 30 aprile 2024, traduzione di Carlo Gambescia©. Per il testo originale qui:
https://edicionimpresa.lanacion.com.ar/la-nacion/20240430/281513641225442/textview

 

2 commenti:

  1. Grazie! Non male il concetto di "liberalismo fondamentalista" associato a Milei (e a Pinochet?) Che ne pensa? Otra pregunta: liberalismo come filosofia della società e della storia o come metodo? Buon primo maggio

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  2. Grazie del commento. Pone domande fondamentali. . Non basterebbero dieci tomi... Mi lasci riflettere. Sul fondamentalismo, talvolta serve una scossa. Come per la Thatcher, ma si si potrebbe risalire alla Anti-corn-law league. Quanto all'altra "pregunta", credo che i due approcci possano coesistere, con juicio ovviamente (soprattutto per la filosofia della storia). Infine il "caso Pinochet" rimanda al precedente processo di scellerate socializzazioni e statalizzazioni. Fu una reazione (mi riferisco alle misure economiche). Altra "scossa" se vuole, in termini più tecnocratici (i militari) che di filosofia economica (i Chicago boys)... Di "magia nera" e "magia bianca" insieme... :-)

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