Sulla disobbedienza civile al Governo
Populista di Conte
“Conte
non cambia nulla”, “Ripresa con il freno a meno”, eccetera, eccetera. Questi, più o meno, i titoli dei giornali di oggi, che però,
seppure condivisi, con toni da diversi da destra e sinistra, non sembrano evidenziare il problema
principale, che può essere condensato in una parola sola: ricatto.
Conte,
presidente del Consiglio del Governo Populista, ieri sera ha gravemente minacciato gli italiani. Ricattandoli: “Se non rispettiamo le precauzioni la
curva risalirà, aumenteranno i morti e avremmo danni irreversibili per la
nostra economia”.
Le minacciose parole del Presidente Consiglio, mostrano il
cupo volto illiberale del Governo Populista che usa l’epidemia di Coronavirus per non ammettere che il lockdown,
oltre a non aver inciso sul corso dell’epidemia che si sta spegnendo da sola,
rischia di provocare il crollo verticale
del nostro sistema produttivo. Non
sapendo come uscirne, Conte, addossa la
colpa gli italiani, da due mesi agli arresti domiciliari a causa di scelte politico-sanitarie
irrazionali. Nelle quali, Conte, stupidamente,
come un dittatore sudamericano, come un Maduro qualsiasi, pur di
non perdere la faccia, vuole perseverare. Ricattando gli italiani a colpi di tamponi e positivi. La famigerata "curva"...
L’Italia però non è il Venezuela. Credo sia venuto il momento
della disobbedienza civile.
Che cos’è la disobbedienza civile? Intanto, non è nulla di
organizzato, di progettato, come auspica certa destra, altrettanto populista, che al posto di Conte, avrebbe
preso misure ancora più dure. E che se ora, con Salvini, parla di manifestazioni, lo fa solo per vili ragioni di tornaconto politico. La destra populista è
illiberale quanto la sinistra populista. Mai fidarsi.
Allora che fare? Individualmente, senza alcun piano
preordinato, “attrezzati” di mascherine e
guanti, dobbiamo riprendere a uscire, liberamente, dobbiamo tornare a respirare per quanto possibile, con
una mascherina. A piedi o in auto. Riempire vie e piazze. Rischiare, insomma. E in tutti i sensi.
Perché dove non c’è rischio, non c’è libertà.
Ovviamente, ogni cittadino decida in libera coscienza. Chi scrive è uno studioso, non un politico o un organizzatore politico. Se parla, parla ai singoli, e intellettualmente. Non ama e non odia il potere, semplicemente lo indaga. Uno studioso però ben convinto che vi sono momenti in cui la paura bisogna metterla da parte. E prima che sia troppo tardi.
Carlo Gambescia