lunedì 27 aprile 2020

Sulla disobbedienza civile al Governo Populista di Conte



“Conte non cambia nulla”, “Ripresa con il freno a meno”,  eccetera, eccetera.  Questi, più o meno,  i titoli dei giornali di oggi, che però, seppure condivisi, con toni da diversi da destra e sinistra,  non sembrano evidenziare il problema principale, che può essere condensato in una parola sola: ricatto.
Conte, presidente del Consiglio  del Governo Populista,  ieri sera ha gravemente minacciato gli italiani. Ricattandoli: “Se non rispettiamo le precauzioni la curva risalirà, aumenteranno i morti e avremmo danni irreversibili per la nostra economia”. 
Le minacciose  parole del Presidente Consiglio, mostrano il cupo volto illiberale  del Governo Populista che usa l’epidemia di Coronavirus per non ammettere che il lockdown, oltre a non aver inciso sul corso dell’epidemia che si sta spegnendo da sola, rischia di  provocare il crollo verticale del nostro sistema produttivo.  Non sapendo come uscirne, Conte,  addossa la colpa gli italiani, da due mesi agli arresti domiciliari  a causa di scelte politico-sanitarie irrazionali. Nelle quali, Conte, stupidamente,  come un dittatore sudamericano, come un Maduro qualsiasi,  pur di  non perdere la faccia, vuole perseverare.  Ricattando gli italiani a colpi di tamponi e positivi. La famigerata "curva"... 
L’Italia però non è il Venezuela. Credo sia venuto il momento della disobbedienza civile.
Che cos’è la disobbedienza civile?  Intanto, non è nulla di organizzato, di progettato,  come auspica certa destra, altrettanto populista, che al posto di Conte, avrebbe preso misure ancora più dure. E che se ora, con Salvini, parla di  manifestazioni, lo fa solo per  vili  ragioni di  tornaconto politico. La destra  populista  è illiberale quanto la sinistra populista. Mai fidarsi.
Allora che fare?  Individualmente, senza alcun piano preordinato,  “attrezzati” di mascherine e guanti, dobbiamo riprendere a uscire, liberamente, dobbiamo  tornare a respirare per quanto possibile, con una mascherina. A piedi o in auto. Riempire vie e piazze.  Rischiare, insomma.  E in tutti i sensi. 
Perché dove non c’è rischio, non c’è libertà.
Ovviamente, ogni cittadino  decida in libera coscienza. Chi scrive è uno studioso, non un politico o un organizzatore politico. Se parla, parla ai singoli,  e intellettualmente. Non ama e non odia il potere, semplicemente lo indaga.  Uno studioso però ben convinto che vi sono momenti in cui la paura bisogna metterla da parte. E prima che sia troppo tardi.

Carlo Gambescia