Coronavirus e poteri pubblici
Un solo stile, coercitivo
Roberto Buffagni in un articolo (*) parla di
differenti “stili” di intervento politico nei riguardi del Coronavirus. Semplificando i
concetti: tra mondo anglofono in particolare Gran Bretagna e Stati Uniti e il resto dell’Europa e del mondo.
Nel pezzo si esprime l'ipotesi che
l’Occidente anglofono, pur di salvare
l’economia capitalistica ( e ovviamente la propria egemonia), di cui è bandiera,
si concederebbe il
lusso di qualche morto in più. Per contro il resto del mondo, in particolare Europa mediterranea e Italia, pur di salvare tutti i suoi cittadini, sopprimerebbe persino il capitalismo.
Si tratta della solita tesi, magari elegantemente riformulata in chiave weberiana, del “Sangue contro l’Oro”. Che
tanto piace alle “frange lunatiche” , le stesse che
non vedono l’ora di ballare sulle macerie.
In
realtà, un ottimo articolo de "El País" (**) spiega che, “Perfida Albione” compresa, il mondo, al di là delle barriere culturali e
di religione, dall’India agli Stati Uniti,
si sta trasformando in carcere a cielo aperto: circa un terzo
dell’umanità viene costretta a non uscire di casa. E quel che peggio a colpi di decreti governativi. Segue
il passo che qui interessa particolarmente:
«Hasta el momento, la Covid-19 ha dejado más de
19.000 muertos y ha infectado a cerca de 430.000 personas en unos 175 países,
en unas cifras que aumentan por millares diariamente. El foco, originalmente en la provincia china de Hubei —donde se
encuentra Wuhan— se ha movido a Europa, y la Organización Mundial
de la Salud
(OMS) cree que en unas semanas podría desplazarse de nuevo, hacia América.
“La pandemia se está acelerando”, ha advertido la OMS. A medida que se
extiende, más países adoptan medidas más o menos estrictas para limitar el
movimiento de sus habitantes, o confinarlos por completo: al menos 2.600
millones de personas, según los cálculos de la agencia de noticias francesa
AFP, se encuentran bajo ese tipo de restricciones. Las escuelas permanecen
cerradas en numerosos países, de Chile a Japón.».
Queste
cifre non giustificano le misure che sono state prese, indipendentemente dai presunti stili. Ma provano un’altra cosa.
Che a fronte delle emergenze -
reali o presunte (qui rinviamo alla legge di Thomas) - i
poteri pubblici tendono regolarmente a
invadere la sfera della libertà individuale.
Esiste uno studio pionieristico, ricco di eccellenti esempi storici,
di Pitirim Sorokin, su come le emergenze
di ogni tipo (epidemie, terremoti,
guerre, rivoluzioni, eccetera)
provochino inevitabilmente gravissime
restrizioni della libertà. Sono processi sociali che una volta avviati, pur avendo limiti
legati alla totale distruzione delle risorse umane e
materiali, si dispiegano senza che nessuno possa far nulla per arrestarli (***).
In
questi giorni stiamo assistendo alla rapida ascesa di una specie di stato di polizia
mondiale, se non addirittura di assedio, sviluppatosi quasi automaticamente,
per rispondere all’emergenza
Coronavirus.
Naturalmente
non siamo davanti ad alcun piano
organizzato da signori incappucciati, ma più semplicemente a una reazione autodifensiva
dei poteri pubblici, che scatta inevitabilmente quando si proclama
un’emergenza. Quanto più durerà l’emergenza tanto più i poteri pubblici
devasteranno la vita degli individui, rischiando di distruggere un modello di società civile
liberale che ha richiesto alcuni faticosi secoli per essere edificata.
Inutile
interrogarsi sul dopo, proponendo magari fantasticherie utopiche o distopiche
in un clima da “bar sport”. La storia
umana è contraddistinta, quasi nella sua totalità,
da sistemi politici coercitivi: l’esperimento liberale è una sorta di
eccezione che potrebbe tristemente confermare la regola. Ecco il nocciolo duro storico e sociologico della questione.
Per spiegarsi meglio: il
riflesso condizionato del “politico”, che si trasmette e va oltre l’uomo
politico, è quello di comandare ed essere ubbidito. E quanto più la situazione è emergenziale
tanto più si impone il comando. E dove addirittura è in
gioco la vita - insomma dove la sfida si fa biopolitica - il comando si fa assoluto, con tutto quel che
ne consegue in termini di crescita asfissiante del controllo sociale. Si giunge però al punto in cui la società è talmente
assuefatta all’aria viziata dell' obbedienza assoluta che non è più necessario dare ordini. Ognuno
esegue.
Ovviamente
le burocrazie sono piene di falle e pasticcione. Inoltre l’istinto di autoconservazione dell’uomo, quando
non si ha più nulla da perdere, spinge alla ribellione. Ma sono processi sociali che
richiedono tempo: decenni (si pensi al sistema sovietico), secoli (si pensi
al totalitarismo gerarchico dell’Alto Medioevo), millenni (si pensi alla società
egiziana sotto i faraoni o all’universo castale indù).
Dietro
la cosiddetta emergenza Coronavirus c’è la mano artigliata dello stato. C’è
l’artiglio perché c’è l’emergenza, e l’emergenza perché c’è l’artiglio.
Si
doveva allora evitare - pensiamo ai politici
- di non
farsi prendere da inutile panico
o comunque di non assecondarlo. Ma si può chiedere allo scorpione di non pungere la rana? Se in questa crisi c’è uno stile, si tratta
dello stile coercitivo, che, purtroppo, prescinde dalle forme di regime, credo
e cultura.
Carlo Gambescia
(***) P.A. Sorokin, Man and
Society in Calamity, Dutton ,
New York 1942. Di questo notevole volume uscirà a breve una sintesi in ebook nella neonata
“Biblioteca di Linea” digitale diretta da
Carlo Pompei.