Coronavirus e Facebook
Liberali sì, ma con juicio
Ieri - la cosa
può anche sembrare comica… - ho
dovuto togliere l’ “amicizia” ad alcuni “amici” di Fb. La ragione è molto
semplice: non accettavo e accetto che sulla mia Pagina si moltiplichi la confusione, già enorme sul
Coronavirus, accrescendo la condizione
di psicosi che sta devastando l’Italia.
Di
conseguenza, mi sono beccato in privato dell’arrogante e, seppure velatamente, del
fascista che avrebbe cambiato bandiera, rimanendo tale. Ma quando mai sono
stato fascista… E per giunta si tratta di gente che non mi conosce personalmente
e che
non ha letto i miei libri. O se li ha letti ha travisato. Insomma, Carlo Gambescia come "nemico del popolo". Ma non è questo il
punto. Non mi devo giustificare con
nessuno. Tantomeno con gli sconosciuti.
Cosa
sta succedendo? Che il cosiddetto dibattito sul Coronavirus, si sta spostando
dalla “gravità” del virus, che i fatti smentiscono, alla “necessarie” misure, anch’esse strampalate, che si dovrebbero prendere per curare bene i
malati, evitando di danneggiare chi
soffra di altre patologie. Addirittura
ho letto, che il “sistema” liberale e
capitalistico (non sia mai…) tenderebbe a sfruttare
l' epidemia per liberarsi dei
più deboli, vecchi e malati. Stupidaggini catto-comuniste e complottiste, alle
quali molti però credono: così al panico da nuova peste rischia di aggiungersi
il panico da non essere curati bene.
Ovviamente,
certe tesi, sulla mia pagina Fb, sotto forma di commenti o link, non
vedranno mai luce. Proprio per evitare che, anche il sottoscritto, favorisca la diffusione
di un effetto panico che, a differenza del Coronavirus, sembra più difficile da tenere sotto controllo.
E
qui è scattata subito nei miei riguardi, il classico mantra - poi da parte di tradizionalisti, fascisti,
comunisti, eccetera ( tutti nemici giurati del liberalismo) - di non essere un vero liberale, perché un
vero liberale non rifiuterebbe mai il dibattito, eccetera, eccetera.
Voglio replicare sul punto, e non per ragioni
personali (perché non ho nulla da rimproverarmi), ma per spiegare a questi signori
che il liberalismo non è una specie di
passaporto o carta di identità “discutidora” (come sosteneva un altro “amico”
del liberalismo) per l’anarchismo sociale. Basterebbe aver letto autori liberali come
Burke, Tocqueville, Pareto, Mosca, Ferrero, Croce, Weber, Ortega, De
Jouvenel, Röpke, Aron, Berlin per capire che c’è il momento della discussione e
quello della decisione. E che i due momenti presuppongono, sociologicamente
parlando, l’etica weberiana della responsabilità. Come dire? Liberali sì, ma
con juicio. Si potrebbe parlare di un liberalismo triste, perché politicamente realista. Archico, politico insomma.
Ora, se la libertà di discussione, viene elevata, come una specie di scudo, fino all’ etica, sempre
weberiana, dei principi, il rischio è
quello di far prevalere la discussione sulla decisione. O peggio ancora di
far assumere decisioni politiche sull’onda di emozioni, scaturite da un dibattito dominato dall'isterismo, soprattutto se e quando al potere si ritrovi una classe politica capace di governare soltanto attraverso lo strumento
demagogico.
Ed
è quello che sta accadendo in Italia, dove tutta l’impostazione della politica
pubblica sul Coronavirus, risente di decisioni improvvide prese
sulla scia del panico politico e sociale. Il che implica gravi conseguenze sociologiche (per l’impossibilità
di fare marcia indietro per la forza di gravità sociale che distingue fenomeni di
panico) e politiche (per il timore di
perdere consensi, in soldoni le elezioni, timore anch’esso di rilevante forza propria sociale).
Il
lettore - almeno quello di buona volontà - ora finalmente avrà capito il perché della nostra, per così dire,
linea editoriale: mai contribuire alla diffusione di un approccio sociologicamente sbagliato al
Coronavirus, capace di provocare solo panico e
decisioni emotive.
Che
cosa si doveva fare allora? Di sicuro,
non rilanciare segnali sbagliati e isterici, come sospensioni dei voli, zone rosse, chiusure uffici
pubblici, eccetera. Si doveva monitorare
la situazione in modo soft, senza ricorrere a misure estreme, come è avvenuto, evocando per giunta a giustificazione, come ogni buon stato dittatoriale o semidittatoriale, l'ineffabile principio di precauzione, per cautelarsi esclusivamente dalla possibile perdita di consensi politici…
Qui
si dovrebbe aprire un capitolo sul rapporto tra liberalismo politico, impopolarità e democrazia. La democrazia si fonda sul consenso, il liberalismo
sulla ragione. La ragione spesso è impopolare, la democrazia non può esserlo
mai, purtroppo. Più si è democratici,
meno si è liberali, e viceversa.
Il che implica inevitabilmente la fuga, per i “democratici” al governo, da qualsiasi decisione impopolare. Con un correttivo, tutto italiano però. Da noi è storicamente impopolare chiunque rifiuti la dottrina dell’interventismo statale… L’Italia è ferma da secoli, purtroppo, al patriarcalismo politico della chiesa cattolica e dei regimi assolutisti, talvolta illuminati, ma assolutisti. Con una differenza. che oggi al posto del principe, come sovrano c’è il “popolo”, soprattutto dopo la cosiddetta "svolta populista”degli ultimi anni. Si rifletta: Nel 2003, quando i populisti non erano ancora al potere,la Sars , probabilmente più seria del Coronavirus, venne affrontata in modo soft… Quando si
dice il caso…
Il che implica inevitabilmente la fuga, per i “democratici” al governo, da qualsiasi decisione impopolare. Con un correttivo, tutto italiano però. Da noi è storicamente impopolare chiunque rifiuti la dottrina dell’interventismo statale… L’Italia è ferma da secoli, purtroppo, al patriarcalismo politico della chiesa cattolica e dei regimi assolutisti, talvolta illuminati, ma assolutisti. Con una differenza. che oggi al posto del principe, come sovrano c’è il “popolo”, soprattutto dopo la cosiddetta "svolta populista”degli ultimi anni. Si rifletta: Nel 2003, quando i populisti non erano ancora al potere,
Concludendo,
lettore avvisato, mezzo salvato. Buona domenica a tutti.
Carlo Gambescia