Il summit romano della Edmund Burke
Society
Conservatori? Non basta la parola
Si è tenuta a Roma il 3-4 febbraio la seconda edizione della
National Conservatism Conference,
organizzata dalla Edmund Burke Society in collaborazione con
l’associazione italiana “Nazione Futura”. Tema del convegno: “God, Honor,
Country: President Ronald Reagan, Pope John Paul II and The Freedom of Nations”.
Vi hanno partecipato politici europei sovranisti come Marion Maréchal, già
parlamentare lepenista, Giorgia Meloni, postmissina e postaennina, Viktor Orbán, diciamo liberale molto per caso. Matteo Salvini,
nonostante fosse tra i relatori, non
si è presentato, lasciando tutta scena a Giorgia Meloni, che come vedremo ha fatto del suo "meglio" per rimpiazzarlo.
Quanto agli intellettuali invitati, per quanto ne sappiamo, si è
trattato di seconde se non terze file del pensiero conservatore euro-americano
(*).
Inutile sottolineare, come confermeranno le relazioni, che il tema in sé è
uno scatolone vuoto: “God, Honor, Country”, sono
valori, che ognuno interpreta come
meglio crede. Ad esempio Hitler difendeva l’onore della Germania nazista, in
nome di un dio tedesco antisemita, non sgradito al protestantesimo e
cattolicesimo filohitleriani. Quanto
a Reagan e Giovanni Paolo II, quel che li separava, ad esempio, la difesa della
libertà di mercato era superiore, e di molto a quel che li univa,
l’anticomunismo.
Vorremmo però concentrare la nostra attenzione sull’intervento di
Giorgia Meloni. Per capirne lo spirito riteniamo bastino alcune citazioni dal suo discorso inaugurale (**):
«Il nostro principale nemico è oggi la deriva mondialista di chi
reputa l’identità, in ogni sua forma, un male da combattere e agisce
costantemente per spostare il potere reale dal popolo a entità sovrannazionali
guidate da presunte élite illuminate. Ricordiamocelo, perché non abbiamo combattuto
e sconfitto il comunismo per sostituirlo con un nuovo regime internazionalista,
ma per consentire a nazioni indipendenti di tornare a difendere la libertà,
l’identità e la sovranità dei loro popoli».
« La logica del
“vincolo esterno”, quella per cui c’è sempre qualcuno che si arroga il diritto
di decidere al posto dei popoli sovrani e dei governi nazionali. E questo
qualcuno a Bruxelles o a Francoforte, a Davos o nella City londinese, pur non
avendo alcuna legittimazione democratica, condiziona ogni giorno le scelte
economiche e quindi le scelte politiche di chi invece quella legittimazione
l’ha ottenuta dal voto popolare».
«Le scelte dei governi nazionali si
rivelano incompatibili con il vincolo esterno si attiva subito il processo di
normalizzazione: o il Governo si piega ai diktat sovrannazionali oppure sarà
rimosso e sostituito, usando come armi i vincoli economici europei da
rispettare, le azioni mirate sui mercati finanziari, l’influenza sui media».
«A noi non servono i manuali di
indottrinamento ideologico cari alla sinistra. La nostra visione valoriale e di
visione del mondo è in realtà una cosa molto semplice come ci raccontava un
grande filosofo morto pochi giorni fa, Roger Scruton: “La vera ragione per cui
le persone sono conservatrici è che sono attaccate alle cose che amano” E
quello che io considero un altro grande padre del pensiero conservatore, John
Ronald Reuel Tolkien, lo spiegava in modo altrettanto chiaro, per bocca di uno
dei personaggi del suo Signore degli Anelli: “non amo la lucente spada per la
sua lama tagliente, né il guerriero per la gloria, né la freccia per la sua
rapidità: amo solo ciò che difendo”».
«Quando Trump dice “America first” o
noi diciamo “Prima gli italiani”, c’è sicuramente anche un aspetto di difesa
dell’interesse economico nazionale rispetto agli altri Stati, ma a mio avviso
per noi conservatori il riferimento dovrebbe essere soprattutto alla Grande
finanza e ai grandi poteri economici che stanno imponendo la loro volontà agli
Stati nazionali. Il messaggio “prima la nostra Patria” vuol dire, nella mia
visione, ribadire il primato dell’economia reale su quella finanziaria,
ribadire la sovranità popolare sulle entità sovranazionali prive di
legittimazione democratica».
Crediamo ci sia poco da commentare. Lessico e contenuti non rinviano al conservatorismo animato da un sano realismo politico ed economico, rispettoso
dell’esperimento liberale in tutti i campi, bensì alla grammatica ideologica dell' estrema destra, populista o neofascista. Un pensiero che
vede nell’economia di mercato e nella liberal-democrazia la lunga
mano di un complotto ordito da fantomatiche élite contro un altrettanto fantomatico popolo.
Si notino in particolare le citazioni di Scruton e
Tolkien, ( mediocre pensatore politico il primo; vecchio mito, suo malgrado, della
gioventù missina il secondo). Cosa significa che il conservatore difende ciò che ama? Tutto e
niente. Hitler, grande amante
del popolo tedesco si propose
di difenderlo dal pericolo ebraico. E sappiamo come.
Il conservatorismo meloniano, molto applaudito quindi
condiviso da relatori e pubblico presente, rimane uno scatolone vuoto, dentro cui vi si
può mettere di tutto: non solo le pseudo-idee politiche di Trump, ma visto che siamo in Italia anche quelle velenose di Mussolini.
Senza l'adesione, chiara e netta, al presidio neutrale della libertà, rappresentato dalla democrazia rappresentativa, dal libero mercato e dallo stato
di diritto, naturale prolungamento, in senso autenticamente burkeano, della mano invisibile della modernità, non c'è spazio per alcun conservatorismo. E a maggior ragione non ce n' è per il conservatorismo posticcio alla Giorgia Meloni. Che, come evidente, in caso di contrasto con i valori liberali, avanza regolarmente le stesse presuntuose ragioni che animarono e animano i nemici della
società aperta, dai tradizionalisti ai fascisti e comunisti: la pretesa di sapere, ovviamente in alto, ciò che sia bene per il "popolo", entità misteriosa, ogni volta ridefinibile a piacere, nonché, cosa ancora più pericolosa, di sapere, di riflesso, ciò che sia bene per ogni singolo
individuo.
Insomma, si è contro il presupposto fondamentale
della società liberale: che ogni
individuo sa ciò che è bene per sé, e che nessuno deve o può forzarlo a fare ciò che non vuole o non può fare:
né in nome dello “stato”, del “popolo” o peggio ancora della “razza”.
Carlo Gambescia
(*) Qui l’elenco dei relatori partecipanti: https://nationalconservatism.org/natcon-rome-2020/ . Si metta a confronto questa lista con quella dei firmatari, nomi molto più "pesanti", del Manifesto di Parigi: https://thetrueeurope.eu/uneuropa-in-cui-possiamo-credere/ .
(**) Qui il testo integrale dell’intervento di Giorgia Meloni: https://www.lavocedelpatriota.it/giorgia-meloni-inaugura-national-conservatism-conference-discorso-integrale/ .