Ma quanto è bravo Massimo Maraviglia…
Filosofia del gusto e altre cose….
Massimo
Maraviglia (nella foto con i suoi studenti) è un esempio classico di spreco italiano: un Paese che oggi si
dichiara di nuovo sovranista, e trionfalmente,
ma dove, come ieri e l’altro
ieri, se uno studioso non sposa la causa
mainstream, delle cordate di destra o di sinistra (pari sono), rischia di ritrovarsi a insegnare in un liceo, e non all’università come meriterebbe.
Di
Maraviglia ricordo, e con piacere, un
profondo e originale lavoro su
Schmitt che in un paese normale gli avrebbe
aperto le porte dell’università alla stessa velocità di un gran premio
automobilistico. Va però detto che
Maraviglia, eccellente educatore e filosofo,
in quel clima mefitico, avrebbe
rischiato di intristirsi e appassire: senza sole, senza acqua. Come
un’ elegante e raffinata orchidea…
Dopo
questo omaggio floreale, non posso non segnalarne un magnifico testo apparso sul suo blog: “Idee
per una filosofia del gusto (manifesto semiserio, teorico-pratico)” (*).
La
sua idea di gusto, ricorda quella di Georg Simmel: privilegiare, ma con leggerezza, la forma sui contenuti, perché la forma resta i contenuti passano. Il punto
non è rappresentato dal contenuto fisico - almeno così sembra di capire - di un cibo, ma dalla forma
mentale con cui si addenta una pizza napoletana o si mangia un kebab turco.
Lasciamo
la parola al professor Maraviglia:
Della modalità. Est modus in rebus.
La mamma insegna a stare a tavola, ascoltarla. Quindi su le mani. Impugnare
bene le posate. Bocca chiusa. Niente gomiti sul tavolo. Vino alle signore. La
scarpetta solo in rarissimi casi, quando cioè il sugo lo chiede imperiosamente
ed è peccato mortale lasciarlo nel piatto (in questo caso è meglio ubbidire a
Dio che agli uomini). Finire quello che c’è nel piatto: si ricordi che l’avanzo
è sempre della mala creanza. Non fare gli schizzinosi. Conversare. Non essere
né troppo lenti né troppo veloci. E se si è a conoscenza di qualche debolezza
in questo campo, ascoltare le mogli!
Nazionalismo e internazionalismo. In
cucina, come dappertutto, è cosa buona l’orgoglio nazionale. Ma nemmeno stonano
la consapevolezza regionale e financo il campanilismo locale. Noi siamo sempre
in quanto apparteniamo. Tuttavia la gastronomia è il regno del gusto e su tutto
il gusto domina. Esso è come la musica per la poesia: se la musica qui ha
sempre ragione, là il sapore trascende ogni altra considerazione. Quindi …
dall’hamburger al kebab, dal sushi alla tempura, dall’adobo alla cheescake, dal
bratwurst alle moules: tutto va bene quando sia fatto bene. Ogni piatto, per quanto
umile, se sia ben eseguito tende alla bontà e adorna la nostra vita.
Perfetto.
Solo una piccola osservazione, da umile sociologo dell'economia...
Nel testo di Maraviglia si critica l’accoppiamento poco
giudizioso tra mercato e
ristorazione. In realtà, il mercato della ristorazione, grande o piccola che sia, è tra i pochi mercati dove la libera
concorrenza funziona, come provano prezzi contenuti, code, prenotazioni e l’alto
tasso di mortalità e sostituzione delle imprese di settore, nonché l’accorta
politica dei prezzi, che si adegua verso il basso, persino nella grande ristorazione. Magari tutti i mercati funzionassero così.
Certo, ciò presuppone un rapporto qualità-prezzo intorno a valori medi, talvolta medio-bassi. Ma si può migliorare.
L’importante,
soprattutto per il consumatore, resta la
forma, il modo in cui si addenta… Qui lasciamo di nuovo la parola al professor
Maraviglia.
Leggetelo.
E con gusto.
Carlo
Gambescia
(*) Qui il suo eccellente testo: https://vendemmietardive.blogspot.com/2019/11/idee-per-una-filosofia-del-gusto.html?spref=fb&fbclid=IwAR1hoHZUOlluB0phj5tsZgHmJr_gCEPPMUfoVX-Dtqfv2FgQWJiElpSZVcs . Qui alcuni suoi libri: https://www.ibs.it/libri/autori/Massimo%20Maraviglia .