Analisi
I "candidati
incandidabili"
Si può ricavare una
lezioncina di sociologia dalla questione dei cosiddetti “candidati
incandidabili”? Certamente.
Secondo la legge
italiana (almeno per ora) non è candidabile chiunque riporti condanne
definitive (in ultimo grado di giudizio), tutti gli altri (sospettati,
inquisiti, condannati nei primi due gradi) non dovrebbero essere esclusi.
Per quale ragione
abbiamo usato il condizionale? Perché da un lato abbiamo un principio
elevatissimo, o se si preferisce un grande valore: la presunzione di
innocenza (fino a sentenza di colpevolezza passata in giudicato), dall’altro un
fattore sociologico fondamentale: la pressione sociale, o se si preferisce
dell’opinione pubblica; pressione che spesso, come sta
accadendo, prova di valere più di un
principio, anche il più nobile. Ciò spiega il nostro “non
dovrebbero essere esclusi”.
Pertanto, la
lezione di sociologia consiste in una semplicissima constatazione: che la
rappresentazione sociale di un certo individuo può avere la meglio
sui principi. Detto altrimenti: la società (che si
"ciba" di rappresentazioni) usa spesso
vendicarsi di chi intenda cambiarla sforzandosi di
tradurre in legge i grandi principi, come quello della
presunzione di innocenza, recepito dall'attuale legge elettorale. Di conseguenza
i valori hanno autentica rilevanza o effettività sociale
soltanto quando rispecchino in qualche misura la volontà costante
dell’opinione pubblica.
Insomma, la
sociologia insegna che la volontà sociale è più forte delle leggi. Di qui
l'importanza della effettiva traduzione sociale di qualsiasi valore
o principio. Anche il più alto.
Che poi l’opinione pubblica, che di volta in volta se ne fa interprete, possa essere manipolata o autentica, è un’altra storia… E in ogni caso è questione che in ultima istanza rinvia alla volontà politica.
Che poi l’opinione pubblica, che di volta in volta se ne fa interprete, possa essere manipolata o autentica, è un’altra storia… E in ogni caso è questione che in ultima istanza rinvia alla volontà politica.
Carlo Gambescia
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