Vaghi cenni sull’universo?
No. Anche se l’amico Carlo Pompei (*) oggi sembra divagare, in realtà,
mena alcuni fendenti niente male. Il “metodo” Pompei, anche in forma di
monologo, non delude mai. Buona lettura. (C.G.)
Monologo
La vita nel teatro della vita
di Carlo Pompei
Sipario
Buongiorno,
non fatevi domande di cultura generale, non siamo in un quiz
a premi, le risposte utili le abbiamo dentro, innate. Sappiamo già che cosa è
giusto e che cosa è sbagliato, ma mentiamo a noi stessi - prima che agli altri
- quando abbiamo paura o quando ci fa comodo. Spieghiamo le vele.
È giusto che muoia una persona prematuramente? È ancora “meno
giusto” che a morire sia un bambino? Una “zona grigia” si fa avanti: quella
“del più e del meno”. Un’ingiustizia o “è” o “non è”: bianco o nero, mai
grigio. Diritto e rovescio, alto e basso: non esistono vie di mezzo.
Le leve pseudo-morali, invece, si basano su strategie di
convinzione subliminale (di massa) e premono, appunto, sul più e sul meno.
L’esempio del bambino che muore di morte violenta serve a far capire il
meccanismo: per coprire, far dimenticare o giustificare un fatto, non c’è
niente di meglio che un avvenimento (venire dopo cronologicamente, ricordate?)
più grave del precedente. Come se per far cessare il mal di testa ci si desse
una martellata su un piede. È vero che un deflusso di sangue dal cervello
potrebbe realmente far sparire l’emicrania, ma se non succede (venire dopo
causale, non casuale), ci ritroveremo con due dolori, anziché uno soltanto.
Nella migliore delle ipotesi, comunque, il bilancio è in pareggio, e dove non
c’è guadagno…
Tutto questo lo diciamo per evidenziare che il mancato
introito (gettito fiscale) nelle Casse dello Stato è stato subito archiviato
dai media e dal governo come un aumento dell’evasione, quando, invece, si è
verificato a causa della chiusura di migliaia di attività di produzione e
commercio che, ovviamente, non pagano più le imposte. Chiedere “poco a chi ha
tanto” e “tanto a chi ha poco” non è una mossa intelligente, ma soltanto una
furbata dalla durata limitata e, soprattutto, dagli effetti disastrosi.
Questo perverso modo di procedere genera “escalation” spesso
drammatiche. Le vendette, le rappresaglie, le faide affondano le proprie radici
in “a-principi” che ognuno di noi rifiuta a priori, ma soltanto quando non ci
interessano direttamente. Nell’animo umano è nascosto l’istinto bestiale
coadiuvato dagli interessi materiali, vero humus fertile dell’aggressività.
Le condizioni ambientali sono importantissime affinché si
compia un’ingiustizia o un accadimento abbia un corso diverso dal prevedibile.
Un esempio: se un italiano subisce un tamponamento da un altro italiano
all’estero, dopo un piccolo screzio, prevale il campanilismo e si assiste ad un
abbraccio fraterno come accadrebbe tra vecchi amici che si incontrano dopo
tanto tempo. Se la stessa scena dovesse ripetersi in Italia, l’epilogo sarebbe
ben diverso. Pertanto si evincono due variabili fondamentali: il terreno di
scontro e il senso di appartenenza. Venendo meno una delle due, si vanifica
anche l’altra. Al proposito è stato commovente l’atteggiamento dei tifosi
irlandesi alla fine della partita persa contro la Spagna nei campionati di
calcio europei: cori di supporto e ringraziamento per l’impegno (vano) profuso
e non contestazioni da tifoso frustrato, un esempio di nazionalismo sano non
violento.
Con queste premesse non possiamo più permettere che la
nostra nazione venga “gestita” da cialtroni che pretenderebbero di
rappresentarla, ma che in realtà curano esclusivamente i propri interessi: la
terra è del popolo che la abita, non delle banche, teniamo a ribadirlo.
A questo punto dovrebbe esserci un applauso, ma non tutti
sono d’accordo: tra voi alcuni hanno le mascelle serrate, i denti digrignati,
gli occhi di brace.
Chi voleva applaudire (e lo ha fatto) appartiene al popolo
tartassato e sfruttato; chi ha le mascelle indolenzite e non voleva applaudire
(ma lo ha fatto lo stesso per non essere riconosciuto e linciato) appartiene
all’orda cialtronesca degli speculatori.
Ora, vi lasciamo in pace, in
compagnia della vostra coscienza, unica molla che può far avvenire il salto di
qualità della vita di ogni componente di una comunità degna di tale
definizione.
Di nuovo buona giornata a tutti
Carlo Pompei
Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena
nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a
disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura,
illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.
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