Libri per capire
Democrazia digitale?
Chissà, se fossero ancora tra noi, Pareto,
Mosca e Michels, cosa direbbero del cosiddetto “popolo della Re”…
Parliamo, in particolare,
dell’impatto, per buttarla sul
sociologhese, dei nuovi “media digitali” sulle orme di partecipazione
politica e civile. Secondo i tre cervelloni sociologici, di cui sopra -
azzardiamo un’ipotesi - anche la “nuova
politica” fatta di mobilitazioni via Internet
non potrebbe essere in realtà
molto diversa dalla vecchia
politica (nel senso di una politica con qualche millennio di storia umana sulle
spalle…). Per quale ragione? Perché ogni politica non può non essere basata sulla divisione tra chi comanda
(pochi) e chi obbedisce (molti).
Il
che, come tutte le regolarità ( o quasi leggi)
politiche, potrà apparire anche
banale, mentre in realtà non lo è affatto.
Soprattutto davanti all’eccessivo sovraccarico di aspettative culturali
e morali che rischia di travolgere
queste nuove forme
di azione politica. Da alcuni
osservatori, in particolare a sinistra,
addirittura giudicate come la quintessenza di una futura democrazia
partecipativa.
Sotto
questo aspetto, e a scopo profilattico (come vaccino contro
facili entusiasmi e successive
delusioni) consigliamo due libri da
leggere insieme, anche se diversi per
approccio e contenuti.
Il
primo, cautamente ottimista : Avanti
popoli! Piazze, tv, web: dove va l’Italia senza i partiti, scritto da
Alessandro Lanni, giornalista
e docente universitario (pref. di Nadia
Urbinati, Marsilio, 2011, pp. 141, euro
12, 00); il secondo invece cautamente pessimista: Nuovi media, nuova politica? Partecipazione e mobilitazione online da
MoveOn al Movimento 5 stelle, una
raccolta di saggi curata da
Lorenzo Mosca e Cristian Vaccari,
ricercatori universitari e
specialisti in nuovi media e
comunicazione politica ( Franco Angeli, 2011, pp. 240, euro
26,00).
Secondo Lanni
« se cambia il panorama dei media con l’avvento della rete con le
modalità comunicative che abbiamo rapidamente imparato a conoscere in questi
anni, cambia anche la politica, e nel
profondo i partiti vedono stravolto il loro ruolo. È proprio l’unidirezionalità
di un tempo che viene meno, se lo mettano in testa i partiti. La comunicazione
politica è rivoluzionata. Ma se i palazzi diventano sempre più trasparenti e le
vecchie oligarchie cadono, chi li sostituirà? La rivoluzione copernicana è in
corso e i partiti stanno ancora decidendo cosa indossare (…). Milioni di nodi,
elettori e potenziali militanti chiedono di partecipare, di discutere e di
intervenire e sono già di fatto tutti
sullo stesso piano. Lo hanno dimostrato nelle mobilitazioni in piazza e on line
di questi anni, ora hanno bisogno di partiti che sappiano accoglierli, altrimenti
delle decine di popoli che si sono mossi per le strade italiane rimarrà poco o nulla, come il
sentimento che da universitari rimaneva
quando l’entusiasmo delle occupazioni veniva meno. Ma al tempo stesso la
chiusura dei partiti li confinerà lontano dalla vita della società, alimentando
sempre più quella che a torto o ragione è chiamata antipolitica». Insomma, se son rose fioriranno…
All’
approccio di Lanni, comunque apprezzabile per la chiarezza espositiva e
concettuale, si oppone quello più
scettico, e non meno lucido, di Mosca e Vaccari. Sul quale è interessante soffermarsi. Ecco la
premessa da cui partono: «Nell’ultimo
decennio (…) sono state formulate tre
ipotesi: a) quella dell’ “equalizzazione”
secondo cui internet permetterebbe ad attori marginali, poveri di
risorse e con scarso accesso ai canali istituzionali di accrescere il loro peso
in politica; b) quella della normalizzazione secondo cui nel medio-lungo
periodo gli attori tradizionali della
politica si sarebbero appropriati di questo nuovo medium colonizzandolo e
trasformando la politica online ne “la solita politica” (…) ; c) quella del “rafforzamento” secondo cui gli
attori politici tradizionali avrebbero utilizzato internet come risorsa
aggiuntiva per accrescere la propria visibilità e il proprio potere». E ora le conclusioni: «Oggi possiamo
affermare che né l’ipotesi della equalizzazione, né quella della
normalizzazione e neppure quella del rafforzamento sono state completamente
confermate né pienamente falsificate». Perciò
« la politica on line si configura come un complesso esito di dinamiche anche contraddittorie,
incoerenti e divergenti il cui esito finale è spesso spiegato da fattori
contestuali e ambientali». Di conseguenza, rilevano, citando Bruce Bimber, autorevole politologo americano, « le tecnologie dell’informazione
potrebbero avere diversi effetti contemporaneamente (…). È [perciò] più
corretto assumere che potrebbero rafforzare e indebolire la democrazia, così
come esercitare scarsa influenza sui processi democratici». Quindi, se ci si
perdona la caduta di stile, invece
di magnifiche rose, per Mosca e
Vaccari, potrebbero nascere
carciofi…
Come
concludere? Ripetiamo: tornando
idealmente a Pareto, Mosca e Michels.
Dal momento che nei due libri -
piccolo appunto critico - non si
conferisce adeguata importanza alla classica questione della dicotomia
governanti-governati. Parliamo di un
fenomeno sociologico che tende comunque a riformarsi, dove esista, anche solo a livello
embrionale, una qualche forma organizzativa.
Il
che significa che i vari “movimenti digitali”, per quanto democratici possano
dichiararsi, non potranno sfuggire,
al loro interno, alla
michelsiana «ferrea legge
dell’oligarchia». Pertanto sarebbe utile studiare, oltre alle relazioni
tra nuovi movimenti digitali e attori politici esterni, l’interazione politico-organizzativa interna ai movimenti. Come del resto fece Michels con il partito
socialdemocratico tedesco, all’epoca, inizio Novecento, citato da tutti come grande esempio di futura democrazia politica. E cosa venne
fuori? Che tanto democratico non era…
Carlo Gambescia
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