giovedì 22 dicembre 2011

Il libro della settimana: Harold J. Berman, Diritto e rivoluzione II. L’impatto delle riforme protestanti sulla tradizione occidentale, il Mulino, pp. 691, Euro 45,00. 

 
https://www.mulino.it/isbn/9788815139436#





Chi è Harold J. Berman? Non è un esame, ovviamente. Ma l’ “attacco” di un post… Alcuni lettori, in prima battuta, potrebbero confonderlo con Paul Berman, l’ autore di Terrore e liberalismo e Sessantotto, puri esercizi di politicamente corretto, da parte di un modesto professore di giornalismo. Niente di che, insomma. L’esatto contrario di Harold J. Berman: professore di diritto per più di trent’anni nella prestigiosa Harvard Law School, e dal 1985, nella Emory University School of Law di Atlanta, sede, tra l’altro, dell’importante Center for the Study of Law and Religion.
Berman, morto nel 2007, quasi novantenne, ha pubblicato 25 libri e più di quattrocento articoli scientifici. E che libri! Non parliamo infatti di un semplice giurista ma di un acutissimo studioso di storia del diritto, e in particolare del rapporto tra diritto e religione. Senza dimenticare, ovviamente, i suoi notevoli contributi alla comprensione del diritto sovietico. Da lui analizzato, quale intreccio di ragioni organizzative e motivazioni ideologiche-educative al servizio di una religione secolare. Si veda in particolare La Giustizia in Urss (Giuffrè, 1965).
Berman, tuttavia, non può essere definito un “compagno di strada”. Anzi… Nel 2005 affiancò, come esperto, Pat Robertson, guru mediatico della Christian Right. E in che cosa? Nella sua battaglia in difesa dei Dieci Comandamenti, quale granitico fondamento del diritto costituzionale dello Stato del Texas… E, più in generale, della stessa democrazia americana: una «Grande Nazione», nella cui Declaration of Independence , come notò Berman, «si invoca giustamente Dio».
E così grazie alla perspicacia editoriale del Mulino, il lettore italiano potrà finalmente fruire del suo "intero" capolavoro: Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione giuridica occidentale, uscito negli Usa nel 1983 e in versione italiana nel 1998 (ristampa, 2006, pp. 581, euro 25,00, di cui abbiamo scritto qui: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2007/02/ilibri-della-settimana-h.html); Diritto e rivoluzione II. L’impatto delle riforme protestanti sulla tradizione occidentale, uscito in America nel 2003 e ora in Italia (pp. 691, euro 45,00).
Perché si tratta di un'opera importante?
Innanzitutto, come abbiamo già notato, Berman insegna che la tradizione dell’Occidente (non solo giuridica), è qualcosa di sociologicamente vivente: «Parte del diritto romano sopravvisse, infatti, nel diritto popolare germanico, e quel che è più importante, nel diritto della Chiesa; anche una parte delle filosofia greca sopravvisse, ancora nella Chiesa; la Bibbia ebraica, naturalmente rimase in vita come Vecchio Testamento… In questa prospettiva non è che l’Occidente sia la Grecia, Roma e Israele, ma ci si riferisce ai popoli dell’Europa occidentale, che guardano ai testi greci, romani ed ebraici in cerca di ispirazione e li trasformano in un modo che avrebbe stupefatto i loro stessi autori». Ecco perché, aggiunge, « un popolo che vive in una società in un determinato periodo» ha «la convinzione che la società stia in realtà crescendo o sviluppandosi, decadendo o morendo». Insomma, sotto la cenere delle morti e rinascite, cova sempre il fuoco dello spirito vitale dei popoli .
In secondo luogo, Berman dimostra che il diritto, proprio perché sospeso tra conservazione e rivoluzione, è storicamente condannato a nascere e rinascere, anche seguendo i percorsi più diversi: «Dopo più di una generazione di lotta e di sommovimento, la Rivoluzione viene a concludersi e si raggiunge un assetto legale che riconcilia la sua visione utopica con alcune delle istituzioni giuridiche che essa aveva inizialmente rovesciato. Con la fine di ogni Grande Rivoluzione, il vecchio e il nuovo diritto si incontrano in un nuovo complesso unitario. La Rivoluzione tedesca mise fuori legge la Chiesa cattolica romana nei territori che vennero ad essere governati da principi luterani e sottomise l’intera giurisdizione ecclesiastica all’autorità secolare; eppure una parte considerevole della sostanza del diritto canonico cattolico romano fu reintrodotta dai legislatori e dai tribunali secolari tedeschi così come dalle corti ecclesiastiche. In realtà, una parte considerevole del diritto di tutti i paesi dell’Occidente, inclusi gli Stati Uniti, è storicamente derivato dal diritto canonico della Chiesa Cattolica romana».
Diritto canonico, di cui Berman, scorge le radici in quella «tradizione giuridica occidentale» formatasi «fra il dodicesimo e tredicesimo secolo sotto l’impatto della Rivoluzione papale, che liberò la gerarchia della Chiesa cattolica romana dal controllo di imperatori, re e signori feudali, e sfociò nella creazione del primo moderno sistema giuridico occidentale, il diritto cattolico romano».
Un diritto, saldamente collegato alla religione. E ciò che conta, a una religione che non era, come oggi, pura questione privata. Il che però, secondo Berman, non significa che ora si debba recuperarne il carattere pubblico in chiave teocratica. «Il presente lavoro - scrive - ritorna a una concezione del diritto pre-illuminista, che combina tutte e tre le dimensioni del diritto - quella politica, quella morale e quella storica. Una tale concezione integrativa del diritto definisce il diritto stesso come un processo equilibrato di ordine e giustizia alla luce dell’esperienza».
In fondo, si chiede Berman, «il diritto - con la D maiuscola è fondato sul comandamento divino di amare Dio e di amare il prossimo, e, più in particolare, di onorare l’autorità, di non uccidere, di non rubare, di non violare le regole morali nelle relazioni matrimoniali, di non “dire falsa testimonianza” di non tentare di privare gli altri dei loro diritti? Gli antropologi - conclude - hanno dimostrato che gli ultimi sei fra i Dieci Comandamenti hanno un riscontro in ogni cultura riconosciuta ».
Troppo facile? Al contrario, troppo difficile. Perché al «riscontro» non sempre corrisponde l’obbedienza…

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento