Il libro della settimana: Harold J. Berman, Diritto
e rivoluzione II. L’impatto delle riforme protestanti sulla tradizione
occidentale, il Mulino, pp. 691, Euro 45,00.
https://www.mulino.it/isbn/9788815139436# |
Chi è Harold J. Berman? Non è un esame, ovviamente. Ma l’ “attacco” di un post…
Alcuni lettori, in prima battuta, potrebbero confonderlo con Paul Berman, l’
autore di Terrore e liberalismo e Sessantotto, puri esercizi di politicamente
corretto, da parte di un modesto professore di giornalismo. Niente di che,
insomma. L’esatto contrario di Harold J. Berman: professore di diritto per più
di trent’anni nella prestigiosa Harvard Law School, e dal 1985, nella Emory
University School of Law di Atlanta, sede, tra l’altro, dell’importante Center
for the Study of Law and Religion.
Berman, morto nel 2007, quasi novantenne, ha pubblicato 25 libri e più di
quattrocento articoli scientifici. E che libri! Non parliamo infatti di un
semplice giurista ma di un acutissimo studioso di storia del diritto, e in
particolare del rapporto tra diritto e religione. Senza dimenticare,
ovviamente, i suoi notevoli contributi alla comprensione del diritto sovietico.
Da lui analizzato, quale intreccio di ragioni organizzative e motivazioni
ideologiche-educative al servizio di una religione secolare. Si veda in
particolare La Giustizia
in Urss (Giuffrè, 1965).
Berman, tuttavia, non può essere definito un “compagno di strada”. Anzi… Nel
2005 affiancò, come esperto, Pat Robertson, guru mediatico della Christian
Right. E in che cosa? Nella sua battaglia in difesa dei Dieci Comandamenti,
quale granitico fondamento del diritto costituzionale dello Stato del Texas… E,
più in generale, della stessa democrazia americana: una «Grande Nazione», nella
cui Declaration of Independence , come notò Berman, «si invoca giustamente
Dio».
E così grazie alla perspicacia editoriale del Mulino, il lettore italiano potrà
finalmente fruire del suo "intero" capolavoro: Diritto e rivoluzione.
Le origini della tradizione giuridica occidentale, uscito negli Usa nel 1983 e
in versione italiana nel 1998 (ristampa, 2006, pp. 581, euro 25,00, di cui
abbiamo scritto qui: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2007/02/ilibri-della-settimana-h.html);
Diritto e rivoluzione II. L’impatto delle riforme protestanti sulla tradizione
occidentale, uscito in America nel 2003 e ora in Italia (pp. 691, euro 45,00).
Perché si tratta di un'opera importante?
Innanzitutto, come abbiamo già notato, Berman insegna che la tradizione
dell’Occidente (non solo giuridica), è qualcosa di sociologicamente vivente:
«Parte del diritto romano sopravvisse, infatti, nel diritto popolare germanico,
e quel che è più importante, nel diritto della Chiesa; anche una parte delle
filosofia greca sopravvisse, ancora nella Chiesa; la Bibbia ebraica,
naturalmente rimase in vita come Vecchio Testamento… In questa prospettiva non
è che l’Occidente sia la Grecia ,
Roma e Israele, ma ci si riferisce ai popoli dell’Europa occidentale, che
guardano ai testi greci, romani ed ebraici in cerca di ispirazione e li
trasformano in un modo che avrebbe stupefatto i loro stessi autori». Ecco
perché, aggiunge, « un popolo che vive in una società in un determinato periodo»
ha «la convinzione che la società stia in realtà crescendo o sviluppandosi,
decadendo o morendo». Insomma, sotto la cenere delle morti e rinascite, cova
sempre il fuoco dello spirito vitale dei popoli .
In secondo luogo, Berman dimostra che il diritto, proprio perché sospeso tra
conservazione e rivoluzione, è storicamente condannato a nascere e rinascere,
anche seguendo i percorsi più diversi: «Dopo più di una generazione di lotta e
di sommovimento, la
Rivoluzione viene a concludersi e si raggiunge un assetto
legale che riconcilia la sua visione utopica con alcune delle istituzioni
giuridiche che essa aveva inizialmente rovesciato. Con la fine di ogni Grande
Rivoluzione, il vecchio e il nuovo diritto si incontrano in un nuovo complesso
unitario. La Rivoluzione
tedesca mise fuori legge la
Chiesa cattolica romana nei territori che vennero ad essere
governati da principi luterani e sottomise l’intera giurisdizione ecclesiastica
all’autorità secolare; eppure una parte considerevole della sostanza del
diritto canonico cattolico romano fu reintrodotta dai legislatori e dai
tribunali secolari tedeschi così come dalle corti ecclesiastiche. In realtà,
una parte considerevole del diritto di tutti i paesi dell’Occidente, inclusi
gli Stati Uniti, è storicamente derivato dal diritto canonico della Chiesa
Cattolica romana».
Diritto canonico, di cui Berman, scorge le radici in quella «tradizione
giuridica occidentale» formatasi «fra il dodicesimo e tredicesimo secolo sotto
l’impatto della Rivoluzione papale, che liberò la gerarchia della Chiesa
cattolica romana dal controllo di imperatori, re e signori feudali, e sfociò
nella creazione del primo moderno sistema giuridico occidentale, il diritto
cattolico romano».
Un diritto, saldamente collegato alla religione. E ciò che conta, a una
religione che non era, come oggi, pura questione privata. Il che però, secondo
Berman, non significa che ora si debba recuperarne il carattere pubblico in
chiave teocratica. «Il presente lavoro - scrive - ritorna a una concezione del
diritto pre-illuminista, che combina tutte e tre le dimensioni del diritto -
quella politica, quella morale e quella storica. Una tale concezione
integrativa del diritto definisce il diritto stesso come un processo
equilibrato di ordine e giustizia alla luce dell’esperienza».
In fondo, si chiede Berman, «il diritto - con la D maiuscola è fondato sul comandamento divino di
amare Dio e di amare il prossimo, e, più in particolare, di onorare l’autorità,
di non uccidere, di non rubare, di non violare le regole morali nelle relazioni
matrimoniali, di non “dire falsa testimonianza” di non tentare di privare gli
altri dei loro diritti? Gli antropologi - conclude - hanno dimostrato che gli
ultimi sei fra i Dieci Comandamenti hanno un riscontro in ogni cultura
riconosciuta ».
Troppo facile? Al contrario, troppo difficile. Perché al «riscontro» non sempre
corrisponde l’obbedienza…
Carlo Gambescia
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