Nuovo “Autunno Caldo” in arrivo?
Fisica dei “tagli” e dell’ obbedienza
L’autunno, tanto per cambiare, si preannuncia caldo. Sono infatti previste
alcune grandi manifestazioni di protesta contro la politica economica del
Governo, da tenersi a Roma. Cominceranno, sabato 1 ottobre, i militanti di Sel,
seguiranno a un’incollatura, il 15 ottobre, gli Indignados italiani. Saranno
cortei in stile greco e spagnolo? Chissà…
Sarebbe però sbagliato liquidare la protesta come segno di irresponsabilità
politica. Resta infatti una questione fondo: è possibile conciliare un’austera
politica di bilancio con la conservazione del welfare state? Se si comprimono,
a causa dei tagli, i diritti sociali dei cittadini, su quali basi verrà
“(ri)fondato” il consenso? Su un lavoro a rischio? Ma perché un cittadino privo
di diritti sociali dovrebbe obbedire?
A queste domande, semplificando, la destra liberista risponde, celebrando il
mercato, lo sviluppo e puntando sulla certezza di poter comunque controllare la
protesta sociale (la “piazza”). Per contro, la sinistra, pur rivendicando il
valore dei diritti sociali (in particolare l’ala radicale), sembra puntare
anch’essa sul mercato, quale unico motore della crescita.
Due posizioni veramente deludenti. Ma sono anche pericolose sul piano delle
possibili ricadute politiche e sociali? Possono provocare, per reazione,
disordini incontrollabili? Difficile dire. Di sicuro, vanno escluse
accelerazioni di tipo rivoluzionario. E per una semplice ragione: mancano i
rivoluzionari di professione e una potenza “straniera” capace di incarnare,
sorreggere e praticare un programma rivoluzionario. Ogni riferimento all’ex
Unione Sovietica non è puramente casuale…
Restano allora due possibilità.
La prima, legata a una progressione del mercatismo. Pensiamo alla transizione,
abbastanza rapida, verso una società di mercato allo stato puro, come auspicano
i liberisti duri e puri.
La seconda possibilità, invece, è più in sintonia con le tradizioni italiane.
Parliamo di un “barcamenarsi” (Bce e Fmi permettendo), tra welfare e mercato.
Per contro va escluso, almeno per ora, un ritorno alla società basata, per cosi
dire, sul “grosso grasso” welfare. Il che però non è molto incoraggiante per il
futuro della pace sociale,
Tuttavia, nell’immediato, molto probabilmente, non assisteremo a cambiamenti
epocali. L’Occidente, Italia inclusa, nei prossimi due o tre anni (perché tali
sembrano essere i tempi “immediati” della crisi), continuerà a oscillare tra
welfare e mercato, seguendo le diverse tradizioni continentali e nazionali.
Senza perciò minare - o almeno non del tutto - le basi morali dell’obbedienza
sociale.
Perciò il vero problema resta quello di “non tirare troppo la corda”. Perché?
Presto detto. La caratteristica fondamentale del sistema capitalistico è
l’elasticità. Detto altrimenti: la sua grande capacità, storicamente
dimostrata, di affrontare e superare le crisi economiche. Sulla quale però
sarebbe meglio non confidare troppo. Ci spieghiamo subito.
Mentre in fisica, secondo la legge di Hooke, l’elasticità dei corpi consiste
nel riprendere, una volta cessata l’azione della “forza deformante”, le
dimensioni primitive, in sociologia resta difficile stabilire con precisione
quando abbiano fine gli effetti di tali “forze” sul "corpo sociale",
come nel caso delle forze, per giunta collettive, scatenate, per effetto di
ricaduta, da una crisi economica. Non esiste un "dinamometro"
sociologico, capace di misurare esattamente il grado di intensità delle “forze
in campo”. Ora, come abbiamo accennato, gli economisti prevedono almeno altri
tre anni di bassi livelli di sviluppo (Pil, eccetera). Inoltre, c’è molta
incertezza sulla natura stessa della “forza deformante”, ossia sulle cause e
modalità della crisi. Cui si aggiunge, come dicevamo, la difficoltà di
stabilire, anche soltanto in teoria, il punto limite di resistenza, per
ricaduta, di un “corpo sociale”, dove il “fattore obbedienza” ha basi morali,
psicologiche, storiche e culturali... E non fisiche o matematiche… Pertanto,
per il momento, la politica continuerà a barcamenarsi, mentre i cittadini, pur
manifestando, continueranno ad obbedire. Ma fino a quando?
Carlo Gambescia
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