venerdì 1 aprile 2011

La politica è in coma, ma la cultura di destra non sta meglio...non sta meglio...




Quel che è successo ieri in Parlamento rivela lo stato comatoso di una politica italiana, ridotta a insulti e pernacchi. Un declino, come abbiamo più volte scritto, che coinvolge destra e sinistra. Tuttavia, se dalla politica si passa alla cultura, va riconosciuto che la destra culturale è messa peggio della sinistra. Del resto, della cultura-disneyland del Secolo d’Italia , dei vacui snobismi de il Foglio, delle trivialità militanti de Il Giornale e di Libero abbiamo più volte detto. Ma con la polemica tra Marcello Veneziani e Vasco Rossi, sollevata dal giornalista di Bisceglie, sì è veramente toccato il fondo. Si parla di nulla… E poi, Santo Cielo, anche sul piano umano… un separato che pretende di dare lezioni di moralità a un altro outsider della famiglia. E’ veramente troppo.
 Per contro sulle vere battaglie, quelle da grande giornalismo culturale, la destra "intellettuale" - tutta - tace. Un esempio? Subito.
 Nel ricco confronto tra Franco Cordelli e Alfonso Berardinelli sul destino del romanzo (Corriere della Sera 26- 3-11), Cordelli sottolinea un aspetto sul quale ci aspettavamo un minimo di repliche da parte di quella cultura che su Libero, il Giornale e compagnia cantante e dissonante un tanto al chilo (Secolo d’Italia incluso) si riconosce - comunque - intorno a una certa idea di destra culturale… E invece, finora, silenzio assoluto… Ma entriamo nel merito, anche per far scoprire al lettore l’abisso culturale in cui è precitata la destra culturale. Osserva Cordelli:

« C’ è un saggio che dà il titolo al tuo libro, Non incoraggiate il romanzo [Marsilio, ndr]. Si riferisce a un testo di Abraham Yehoshua, La democrazia uccide il romanzo. Lo scrittore israeliano sostiene una tesi che direi ovvia: essere il romanzo non solo la forma letteraria, o il genere, caratteristico della società borghese e della democrazia, ma addirittura la forma che alla democrazia ha dato un contributo culturale importante. Paradosso è che, a ciclo compiuto, a democrazia realizzata, corrisponde un genere che ormai non serve più. Una prova sarebbe che nella seconda metà del Novecento non esistono romanzi altrettanto validi di quelli della prima metà. In quanto a qualità, se per qualità si intende possibilità di innovazione di una forma nel suo rapporto con la realtà rispecchiata e criticata, Yehoshua ha ragione. (…) Mi colpisce però che tu dica che l’ ottimismo di Yehoshua è un ottimismo fittizio. Yehoshua, questo ottimismo, è lui a metterlo in scena, o sei tu che lo ritieni tale? ».

Risponde Berardinelli:

« Cito Yehoshua per vedere l’ effetto che fa. Oggi esiste, a proposito del romanzo, un ottimismo di fatto che prescinde da giustificazioni sociali o storiche o formali. In questo senso ho parlato di romanzo come genere editoriale. Ho suggerito maliziosamente l’ idea che i primi e più veri ottimisti, ovvero i più interessati, siano coloro che il romanzo devono venderlo. Questo dato di fatto socio-mercantile è diventato il surrogato di un’ ideologia favorevole al romanzo. Non mi pare che siano molti gli autori attuali di romanzi che si pongano i problemi di Yehoshua e in parte miei. Ma non solo il romanzo è in mutazione, lo è anche la democrazia. Considerata il presupposto scontato delle nostre società, la democrazia culturale implica una creatività letteraria e artistica ubiqua, intesa più come diritto a produrre che come valore del prodotto. L’ attuale sistema culturale democratico ha notevolmente ridotto l’ impatto sociale della letteratura e perfino di un genere tradizionalmente popolare come il romanzo. Oggi il rapporto democrazia-romanzo viene inteso come incremento del consumo culturale e come rinuncia al giudizio sulla qualità dei prodotti consumati. (…) ».

Altro che lo scambio “di idee” tra Veneziani e Vasco Rossi… O le pulcinellate - con una eccezione... - su Salgari del Secolo d’Italia … O i rozzi attacchi agli “intellettuali comunisti” de il Giornale e di Libero … Oppure i birignao-bibita "de quartu culuur" serviti da Ferrara...
 Come sintetizzare l’ elegante botta e risposta - vero saggio di grande giornalismo culturale - tra Franco Cordelli e Alfonso Berardinelli? Che democrazia e mercato, una volta realizzati, mescolandosi ucciderebbero il romanzo. E, indubbiamente, c’è del vero. Però, se le cose stessero proprio così, allora il romanzo per prosperare avrebbe necessità di confrontarsi, da qui all’eternità, con l’antidemocrazia. Anche la democrazia del libro, dialogica per eccellenza, avrebbe quindi necessità di trasformare l’avversario in nemico… Ma, oggi, dove trovare l’antidemocrazia? Soprattutto, se la bacchetta magica economica della mercificazione democratica, ha rinunciato «al giudizio sulla quantità dei prodotti consumati » ? Probabilmente servirebbe una nuova idea di democrazia per cui lottare. Un’ idea, non quantitativa di democrazia, che però ancora non si scorge in giro. Ma un’idea qualitativa di democrazia è ancora… democratica? Questi sono i temi culturali da dibattere ! Altro che il numero preciso dei figli generati da Vasco Rossi...
 Anche perché sul tema democrazia si innesta un’altra questione, non secondaria, soprattutto per la destra culturale: esiste veramente un legame così stretto tra lotta per la democrazia e romanzo? Non ne saremmo così sicuri. Si pensi ai creatori dei grandi cicli ottocenteschi, da Balzac a Verga, passando per Tolstoj. Erano tutti dalla parte della democrazia illuminista ed economicamente progressiva? E per venire alla prima metà del Novecento si pensi ad autori, pur profondamente diversi per tecnica e ideologia, come Pirandello, Dos Passos, Jünger…
 Ora, da critici non di mestiere, sul romanzo, ci limitiamo a indicare una modestissima linea interpretativa. Nulla di conclusivo, insomma. Di sicuro imbarazzante, invece, il silenzio di una destra culturale, ormai incapace di imbastire qualsiasi ragionamento “alto”, ridottasi a criticare le canzonette di Vasco Rossi e rincorrere i ghirigori umorali dei Pennacchi di turno. Che vergogna… 

Carlo Gambescia

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