Il libro della settimana: Gian Enrico Rusconi, Cavour e Bismarck. Due leader fra liberalismo e cesarismo, il Mulino 2011, pp.
212, euro 15,00.
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La politica è arte del possibile o
dell’impossibile? Il vero liberalismo è solo economico o anche politico, anzi
soprattutto politico? E che differenza c’è tra un realista liberale e un
realista tout court? Ecco i
tre quesiti che fanno da sottotesto al denso studio di Gian Enrico Rusconi,
insigne politologo ed editorialista de "La Stampa ", Cavour e Bismarck. Due leader fra liberalismo e
cesarismo (il Mulino 2011, pp. 212, euro 15,00). Libro che non può
assolutamente essere liquidato come opera di occasione. E ci riferiamo, in particolare,
alla massa inarrestabile, di testi più o meno mediocri, che ha invaso le
librerie in occasione del Centocinquantenario. Ma entriamo nel merito di un
volume sicuramente ricco e interessante.
Al primo quesito, Rusconi risponde così:
«La politica è “reale” nel senso della “politica dei fatti” e
quindi del successo di contro alla semplice enunciazione dei grandi principi e
delle condizioni filosofiche (o ideologiche), il cui dottrinarismo di carattere
prevalentemente moralistico, può portare all’inconcludenza. La politica “reale”
invece non è semplice testimonianza “identitaria” che “non negozia” i propri
ideali, ma è competenza di governo capace di tenere conto realisticamente degli
ideali degli altri» (p.173).
Ciò significa che Cavour e Bismarck, pur dotati di culture
politiche diverse, vanno considerati realisti. Perché « hanno un senso acuto
per la contingenza degli accadimenti che fa della politica “l’arte del
possibile” » (pp.173-174). E in un senso preciso. Quale?
«Che, prosegue Rusconi, questa espressione [arte del possibile,
ndr] non vuole affatto dire che “tutto è possibile”, o che si procede a
casaccio: al contrario l’arte del possibile tiene fermi i propri obiettivi
ideali in condizioni di incertezza e/o complessità che vanno affrontate
cogliendo le opportunità che si presentano, senza attendere che si creino
situazioni ottimali. È proprio in situazioni d’incertezza che diventano
necessari “fatti compiuti” come riduttori di complessità » (p.174).
Il che implica, e veniamo al secondo quesito, che il
liberalismo, quello autentico, secondo Rusconi rimane essenzialmente politico.
Perché, pur restando all’interno di un quadro di libertà costituzionali ed
economiche, in cui crede, il leader liberale assume politicamente « rischi che
non escludono l’azzardo, cioè l’agire al di là del calcolo delle probabilità di
fronte a fattori imprevisti, appunto non calcolabili» ( Ibid.). Quindi Cavour e Bismarck furono
simili, ma non troppo… Infatti, agli occhi dei liberali tedeschi del tempo,
Cavour era un vero liberale politico, di cui veniva apprezzata la « capacità di
governare, di decidere, di guidare, addomesticandola la rivoluzione
democratica, sentita come radicalismo o estremismo». In una parola, Cavour,
incarnava un « liberalismo che sa[peva] decidere» (p. 82), garantendo un quadro
di libertà. Mentre Bismarck, sempre secondo il liberalismo tedesco dell’epoca,
restava un puro e semplice realista politico che sfruttava le istituzioni
parlamentari, senza però credervi, a differenza di ogni vero liberale. In
seguito l’ala nazionalista del liberalismo tedesco, avrebbe cambiato idea,
cooptando, obtorto collo,
Bismarck, Ma questa è un’altra storia. E qui giungiamo al terzo quesito:
«Bismarck - rileva Rusconi - realizza l’unificazione tedesca
riconfermando, anzi rifondando il sistema costituzionale monarchico prussiano,
costruito su basi illiberali, e arricchito ora di una gestione cesarista per le
sue componenti demopopuliste (…), Cavour invece unifica l’Italia mettendo alla
prova e collaudando, con esito ragionevolmente positivo, il sistema monarchico
costituzionale parlamentare liberale piemontese quale era concepito e praticato
alla metà dell’Ottocento. Operando in questo modo vengono alla luce alcuni
atteggiamenti personali che nel linguaggio del tempo sono qualificati
dittatoriali o (in Germania) cesaristi. Ma a ben vedere dal momento che mancano
esplicite componenti plebiscitarie, che sono invece essenziali per il cesarismo
vero e proprio, quella di Cavour si presenta come una originale forte leadership
parlamentare , ovviamente con tutti i pesantissimi limiti di una rappresentanza
popolare che erano tipici del tempo»(pp. 194-195).
Ma c’è un altro punto del libro dove si cerca di spiegare, e in
base ai risultati storici, la differenza tra liberalismo politico e realismo
politico tout court.
Osserva Rusconi:
« Sin dall’inizio di questo saggio abbiamo insistito sulla
dinamica europea, senza la quale non si spiegano le due unificazioni nazionali,
italiana e tedesca. Ma se uno degli scopi dell’azione cavouriana è “ricondurre
l’Italia all’Europa”, lo scopo bismarckiano è l’autoaffermazione della
Prussia/Germania come potenza europea. Si tratta di due significati diversi di
occidentalizzazione: quella italiana è avvicinamento, imitazione delle nazioni occidentali;
quella tedesca è competizione oscillante tra il sentirsi l’anti-Occidente e
l’altro Occidente. Sono così poste le premesse di quello che poi si sarebbe
chiamato il Sonderweg tedesco [nel significato di una storia nazionale dal
percorso particolare, ndr], destinato alla fine a degenerale in catastrofe»
(199).
Si può però sostenere, diversamente da Rusconi, che pure in
Italia, il liberalismo politico subirà un identico, o quasi, percorso
degenerativo, da Cavour a Giolitti. Non va infatti dimenticato, che in nome del
realismo politico, Giolitti, per altri rispetti leader liberale capacissimo,
ritenne, almeno all’inizio, Mussolini e i fascisti dei liberali un po’ maneschi
ma capaci di difendere le libertà costituzionali. Facilitandone così la conquista
del potere.
Certo, se per un verso va riconosciuto che in quella «situazione di incertezza
» (1919-1922), il liberalismo politico italiano fece la scelta sbagliata, per
l’altro va ammesso che il liberalismo, come ogni altro realismo politico, per
usare la terminologia di Rusconi, «azzardò e perse»: i «fatti compiuti» lo
smentirono, e duramente.
Purtroppo, nessuna ideologia politica è perfetta. A partire dal realismo
liberale.
Carlo Gambescia
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