Oggi pubblichiamo, e volentieri, il bel post
dell’amico Giuseppe Puppo . Dove si affronta una questione, che va ben al di
là del personaggio Barbareschi, perché investe un intero mondo culturale,
quello della Destra post-missina e post-An, ormai alla resa dei conti . Di qui
il titolo.
Di Barbareschi abbiamo un ricordo personale. Durante un incontro di
"intellettuali", organizzato dalla Fondazione FareFuturo prima che
Fini decidesse di piantare in asso Berlusconi, l’intervento di Barbareschi
spiccò per il tasso, pericolosamente elevato, di egocentrismo. Parlò, se ricordiamo
bene, per primo o secondo. Incensò se stesso, la sua famiglia e i successi
riscossi anche come imprenditore: un monologo. Dopo di che, probabilmente
perché già appagato dal suono della propria voce, si alzò e lasciò la sala...
Buona lettura. (C.G.)
e la sindrome
Barbareschi
di Giuseppe Puppo
.
Quando facevo politica, pensavo che essa
fosse un’estensione dell’impegno culturale, pensavo, cioè, che essa dovesse
reggersi su solide fondamenta ideologiche e dovesse essere preparata, orientata,
guidata in ogni sua articolazione da lucidi riferimenti superiori,
continuamente alimentati da una passione non disgiunta dallo studio
Nel Msi trovai invece scarsa considerazione per la cultura, ritenuta per lo più
un corollario superfluo, se non controproducente, comunque noioso, più a meno a
tutti i livelli.
Feci in tempo, da ragazzo, prima della loro morte, a vedere come fossero stati
ignorati, nella migliore delle ipotesi, se non proprio esplicitamente
boicottati, dagli ambienti politici missini ufficiali, uomini come Ezra Pound,
Julius Evola, e Adriano Romualdi.
Una cecità assoluta, poi, per i fenomeni artistici, multimediali, spettacolari,
che tanta parte potevano avere e oggi più di ieri hanno per la ricerca e
l’acquisizione del consenso.
Basti ricordare “Il Bagaglino” e il cabaret, abbandonati a sé stessi; o la
satira delle vignette di Isidori e Nistri; il teatro, che pure annoverava un
potenziale maestro quale Giorgio Albertazzi; i tanti attori di cinema, come i
cantanti di musica leggera, che erano simpatizzanti e tenevano però ben
nascoste le proprie simpatie.
Invece di uno studioso, già allora ricercatore e sperimentatore, preparatissimo
Marco Tarchi, Giorgio Almirante scelse per la guida del “Fronte della
gioventù”, quindi quale suo delfino, il modesto e grigio Gianfranco Fini (
parlo della considerazione comune generalizzata all’epoca ): e verrebbe voglia
nella fattispecie di mutuare l’unica, divertente e felice battuta che sia mai
uscita dalla bocca di Umberto Bossi a proposito "di trote e delfini"
.
I giovani più politicamente preparati non riuscivano a emergere, esattamente
come i politici più attenti alle ragioni della cultura, quale Beppe Niccolai.
Finito il Msi e iniziata Alleanza nazionale, Luca Barbareschi è stato degno
continuatore di questa poco edificante tradizione.
Di estrazione facoltosa e iniziali simpatie sinistrorse, fa per anni gavetta
senza infamia e senza lode, grazie alle sue conoscenze e ai suoi contatti, alle
possibilità e ai mezzi, fra Roma, Chicago e New York.
Niente degno di essere ricordato, né come regista, né come interprete, sia al
teatro, sia al cinema.
La notorietà gli arriva con la televisione, cui grazie ai socialisti era
riuscito ad arrivare, con “C’eravamo tanto amati” e a metà degli anni Novanta è
pronto a cambiare punto di riferimento politico, abbandonando la sinistra e
avvicinandosi a Gianfranco Fini nella neonata Alleanza nazionale.
Quindi adesso Fini ha poco da litigare con lui, lanciandogli matite come uno
scolaretto stizzito: questo era l’uomo e avrebbe dovuto agevolmente valutarlo
fin dai primi momenti.
Infatti, Luca Barbareschi è stato vicino al partito per alcuni anni, anni in
cui non ha promosso nessuna iniziativa, o dibattito, o movimento, o
sommovimento. Diceva che voleva incontrare i giovani, si accreditava quale
fermento attivo e creativo, additava campi di intervento, specialmente nel
campo dell’informatica. Tutte parole e intenzioni. Di concreto, nulla, in
questo senso. Peggio: non ha mai dato retta a chi gli si rivolgeva, sperando di
trovare almeno ascolto, se non aiuto.
Così, mentre a sinistra, pur fra rivalità, gelosie e divergenze, si sono sempre
aiutati e favoriti l’un l’altro, a destra quei pochissimi che avrebbero potuto
far qualcosa, in fase organizzativa, quanto meno di promozione, se non altro
semplicemente aiutando chi aveva merito e capacità, non hanno fatto mai niente
e hanno pensato soltanto alle loro carriere e alle loro attività.
Infatti, i nuovi riferimenti politici, trovati sulle sponde della destra, dopo
aver abbandonato quelli della sinistra, guarda caso subito dopo il 1994, quando
aveva vinto le elezioni, hanno giovato non poco alla fino ad allora mediocre
sua carriera artistica.
Direttore di teatri, regista cinematografico, autore e interprete di fiction
televisive, conduttore di programmi televisivi: un bel salto di qualità,
insomma, almeno in termini di riscontri economici e di immagine, oltre ad altre
cariche varie ed altri incarichi eventuali.
Intendiamoci: parliamo di quantità, non di qualità.
Nemmeno in questo secondo periodo, quello sulla riva destra, Luca Barbareschi
ha fatto niente di qualità.
Il film trasmesso qualche sera fa su Rai3, “Il trasformista”, ne è un
paradigmatico esempio: generalizzato, indistinto, retorico, nella sua presunta
critica al mondo politico, ipocrita, poi, perché in quello stesso mondo che il
regista critica nella finzione, nella realtà il politico sguazza beato con
diletto e tornaconto economico.
Infatti, nel 2008 è stato eletto, pardon, designato da Fini e ratificato sulla
scheda elettorale, deputato.
Risulta però assente il più delle volte dai lavori parlamentari.
Quando gliene chiedono conto, si giustifica dicendo che non ce la fa a campare
con il solo stipendio da deputato ( che, voglio ricordarlo, per sottolineare
questa vera e propria offesa di Luca Barbareschi a tutti i lavoratori italiani,
arriva fino a trentamila euro al mese ) e che dunque ha bisogno di svolgere
altre attività.
Oltre quelle cosi dette artistiche, ce ne sono infatti di imprenditoriali, con
aziende che, prima di essere eletto, aveva promesso di cedere, cosa che si è
regolarmente ben guardato dal fare poi.
Dell’attività politica di Luca Barbareschi si ricorda l’estemporanea uscita del
2008” An
porta in Rai solo mignatte”.
Di chi parlava?
In un articolo sul “Giornale” di pochi giorni fa Vittorio Sgarbi gli accredita
comunque una certa competenza in materia, con seguente annuncio di querela, di
cui vedremo gli esiti giudiziari, se ce ne saranno.
Poi, sempre di pochi giorni fa, la sceneggiata sul suo voto di astensione alla
camera sul rinvio degli atti contro Berlusconi e le voci sul suo ritorno da Fli
al Pdl, che aveva lasciato per seguire Gianfranco Fini, fino allo scambio di
matite durante un confronto fra i parlamentari della nuova formazione, in
procinto di trasformarsi in partito.
Quanto alla cultura, lasciamo perdere.
Quanto, infine, alla cultura di destra, grazie a personaggi come Luca
Barbareschi, essa ormai, praticamente, non esiste più.
Giuseppe Puppo
Giuseppe Puppo, giornalista, scrittore, autore teatrale, blogger (si veda il
suo sito: http://www.giuseppepuppo.it/ ). Tra i suoi libri: Dieci anni dopo. Dal
fallimento della contestazione alla costruzione dell’alternativa al sistema, (pref.
di Marco Tarchi, Solfanelli), Storia del
Movimento Sociale (Massano), Breviario
d’amore , (pref. di Pietrangelo Buttafuoco, Azimut Libri), Ottanta metri di mistero (Koinè).
Attualmente, sta presentando in varie località la sua performance teatrale Voglio combattere ancora! – Attualità di Filippo
Tommaso Marinetti, interpretata dall’attrice Sandra Maggio.
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