Il libro della settimana: Daniele Pittèri, Democrazia elettronica, Editori Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 170 euro 18,00.
http://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=99&task=schedalibro&isbn=9788842084921 |
Democrazia elettronica (Editori Latera) di Daniele
Pittèri, docente di Sociologia della comunicazione politica e di massa alla
Luiss di Roma, assolve due funzioni importanti.
In primo luogo, trattandosi di un testo molto documentato, ci informa sugli strumenti della democrazia elettronica: dalla posta elettronica al voto on line. E, in secondo luogo, aiuta a scoprire i possibili rischi di una forma di partecipazione, dai tempi troppo rapidi e probabilmente poco favorevoli alla riflessione (come ad esempio votare istantaneamente e simultaneamente on line con un sì o un no a un certo quesito), potrebbe far scivolare la e.democracy verso derive plebiscitarie.
Probabilmente il problema di fondo della democrazia elettronica è cosa si debba intendere per democrazia.
Se la si restringe alla fase dei dibattito pubblico, separandola da quella della decisione, che deve essere sempre presa dai “rappresentati del popolo" nelle opportune sedi istituzionali, come sembra sostenere Pittèri, siamo davanti a una visione restrittiva, ma tutto sommato realistica. Dove la democrazia è essenzialmente “dibattito pubblico su”. Tuttavia, in questo senso la democrazia elettronica, rischia di funzionare, come del resto già avviene ad esempio con i sondaggi telefonici, come "inoffensiva" trasmissione di orientamenti politici su alcuni problemi, all'interno di priorità fissate dalla classe politica.
Se invece si estende la democrazia, come la teoria democratica impone, al momento della decisione, ecco che però si rischia di correre il pericolo contrario. Ovvero di considerare in senso troppo estensivo la democrazia, fino ad escludere il concetto stesso di classe politica. Ma fino a un certo punto... Si pensi, ad esempio, a un referendum on line con valore abrogativo. A quel punto dovrebbe venir meno, almeno secondo i sostenitori della democrazia elettronica, il ruolo degli attuali “rappresentanti del popolo”… E invece no. Perché, nel caso, rientrerebbero in gioco per occuparsi della stesura “tecnica” della legge volte a sostituire quella abrogata…
Che vogliamo dire? Una cosa semplicissima. Che anche la democrazia elettronica "di massa", ammesso sempre che sia possibile tecnicamente "portarla" a tutto "il popolo", richiede una classe politica, capace di mediare, almeno tecnicamente. E qui siamo d’accordo con Pittèri, il quale non nutre aspettative messianiche (di liberazione immediata e definitiva “dalla politica politicante”) nei riguardi dell democrazia on line: le classi politiche, come insegna Aristotele, tendono sempre a riformarsi per ragioni sociologiche legate alle interazioni tra naturali differenze umane e condizioni sociali, economiche e culturali, Certo, è vero, in questo modo le si potrebbe controllare di più. Ma va sempre tenuto presente, che la democrazia è un problema sociologico e non tecnologico.
C’è però un altro punto interessante. Secondo Pittèri la e-democracy, col suo principio della decisione digitale, trasparente, istantanea e di massa, porta con sé il pericolo del possibile uso politico, sicuramente fuorviante, di una “logica della maggioranza”. E quindi sullo sfondo della democrazia elettronica, Pittèri vede ergersi minacciosa la fosca figura di un “Grande Fratello” orwelliano, potenzialmente capace di influenzare e strumentalizzare il voto elettronico. In che modo? Schiacciando, o comunque non tenendo in alcuna considerazione, la minoranza sconfitta, in virtù - ecco il punto saliente della questione - di un mandato conferitogli direttamente da "sua Maestà il popolo elettronico". Che certo, in linea teorica potrebbe sempre revocarlo. Ma come? Soprattutto con una minoranza ridotta al silenzio.
In primo luogo, trattandosi di un testo molto documentato, ci informa sugli strumenti della democrazia elettronica: dalla posta elettronica al voto on line. E, in secondo luogo, aiuta a scoprire i possibili rischi di una forma di partecipazione, dai tempi troppo rapidi e probabilmente poco favorevoli alla riflessione (come ad esempio votare istantaneamente e simultaneamente on line con un sì o un no a un certo quesito), potrebbe far scivolare la e.democracy verso derive plebiscitarie.
Probabilmente il problema di fondo della democrazia elettronica è cosa si debba intendere per democrazia.
Se la si restringe alla fase dei dibattito pubblico, separandola da quella della decisione, che deve essere sempre presa dai “rappresentati del popolo" nelle opportune sedi istituzionali, come sembra sostenere Pittèri, siamo davanti a una visione restrittiva, ma tutto sommato realistica. Dove la democrazia è essenzialmente “dibattito pubblico su”. Tuttavia, in questo senso la democrazia elettronica, rischia di funzionare, come del resto già avviene ad esempio con i sondaggi telefonici, come "inoffensiva" trasmissione di orientamenti politici su alcuni problemi, all'interno di priorità fissate dalla classe politica.
Se invece si estende la democrazia, come la teoria democratica impone, al momento della decisione, ecco che però si rischia di correre il pericolo contrario. Ovvero di considerare in senso troppo estensivo la democrazia, fino ad escludere il concetto stesso di classe politica. Ma fino a un certo punto... Si pensi, ad esempio, a un referendum on line con valore abrogativo. A quel punto dovrebbe venir meno, almeno secondo i sostenitori della democrazia elettronica, il ruolo degli attuali “rappresentanti del popolo”… E invece no. Perché, nel caso, rientrerebbero in gioco per occuparsi della stesura “tecnica” della legge volte a sostituire quella abrogata…
Che vogliamo dire? Una cosa semplicissima. Che anche la democrazia elettronica "di massa", ammesso sempre che sia possibile tecnicamente "portarla" a tutto "il popolo", richiede una classe politica, capace di mediare, almeno tecnicamente. E qui siamo d’accordo con Pittèri, il quale non nutre aspettative messianiche (di liberazione immediata e definitiva “dalla politica politicante”) nei riguardi dell democrazia on line: le classi politiche, come insegna Aristotele, tendono sempre a riformarsi per ragioni sociologiche legate alle interazioni tra naturali differenze umane e condizioni sociali, economiche e culturali, Certo, è vero, in questo modo le si potrebbe controllare di più. Ma va sempre tenuto presente, che la democrazia è un problema sociologico e non tecnologico.
C’è però un altro punto interessante. Secondo Pittèri la e-democracy, col suo principio della decisione digitale, trasparente, istantanea e di massa, porta con sé il pericolo del possibile uso politico, sicuramente fuorviante, di una “logica della maggioranza”. E quindi sullo sfondo della democrazia elettronica, Pittèri vede ergersi minacciosa la fosca figura di un “Grande Fratello” orwelliano, potenzialmente capace di influenzare e strumentalizzare il voto elettronico. In che modo? Schiacciando, o comunque non tenendo in alcuna considerazione, la minoranza sconfitta, in virtù - ecco il punto saliente della questione - di un mandato conferitogli direttamente da "sua Maestà il popolo elettronico". Che certo, in linea teorica potrebbe sempre revocarlo. Ma come? Soprattutto con una minoranza ridotta al silenzio.
Anche quest'ultimo mi sembra un tema, certo più generale,
ma degno di riflessione. Che insieme agli altri argomenti, qui rapidamente
riassunti, ci spinge a consigliare la lettura del libro di Daniele Pittèri.
Che, se ci si passa la battuta conclusiva, non risolve, ma sicuramente aiuta a
capire meglio i meccanismi della democrazia elettronica.
Carlo Gambescia
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