Sul criterio di "buona vita"
Diritto alla salute?
Il governo laburista di Gordon Brown sta studiando come
collegare la fruizione del diritto all’assistenza sanitaria a una "sana
condotta di vita" (“http://www.corriere.it/
- 2-1-08 ). E primi a essere nel mirino di possibili pratiche restrittive
saranno gli obesi e i fumatori. Si tratta, così affermano fonti ufficiose, di
un provvedimento testo a limitare i costi di un’assistenza medica pubblica,
finora estesa a tutti i cittadini, che sta divenendo sempre più costosa.
Alcuni penseranno che tutto sommato sia giusto
penalizzare, chi con una condotta di vita “pericolosa” si rovini
“volontariamente” la salute, per poi rivolgersi in cerca di aiuto medico alle
strutture pubbliche, finendo così per pesare sul bilancio sanitario. In realtà
si tratta di una questione molto delicata. Vediamo perché.
In primo luogo, l’impiego di criteri utilitaristici ( i
risparmi di spesa), da parte del potere politico, è sempre pericoloso, soprattutto
se collegato a fattori, tutto sommato, di tipo eugenetico (come individuazione
delle "buone" condizioni di riproduzione della specie umana). Dal
momento che la scelta eugenetica, implicita nei provvedimenti allo studio in
Gran Bretagna, implica non tanto una pura indicazione di “Vita Buona” ( “ Io
Stato ti consiglio di non fumare e mangiare troppo, altrimenti ti puoi ammalare
e morire”), ma di un vero e proprio ordine di condurre una “Vita Buona” (“ Non
devi mangiare troppo e fumare, altrimenti Io Stato ti condanno a morte,
privandoti delle cure mediche”).
Il che, in secondo luogo, risulta in contrasto con il
diritto all’assistenza medica e in più in generale con quello alla salute,
celebrati nelle più diverse Carte dei Diritti e Costituzioni. Inoltre si tratta
di un diritto oggi profondamente interiorizzato dal punto di vista individuale
e collettivo, come vero e proprio diritto di cittadinanza sociale. In
definitiva, se un diritto viene condizionato non è più tale. E sostenere che lo
si limita, per permettere ai cittadini "buoni" (secondo i dettami
governativi) di fruirne, è semplicemente ripugnante sotto il profilo morale e
della libertà individuale. Nonché illegittimo sotto quello dei diritti di
cittadinanza sociale. Sulla cui estensione le democrazie post-seconda guerra
mondiale hanno fondato (e rafforzato in basso) la propria legittimità politica.
In terzo luogo, si tratta di una scelta che apre a
prospettive di tipo totalitario. Perché una volta ammesso il principio che il
potere politico, può a suo piacimento decidere ciò che sia o meno “Vita Buona”,
tutto può divenire possibile. Un bel giorno il Potere può decidere
all’improvviso che leggere troppo sia nocivo alla salute, e così via.
Non siamo ingenui e sappiamo benissimo che in ultima
istanza, purtroppo, decide sempre la forza. E che in età moderna la fruizione
dei diritti celebrati nelle Carte è sempre stata storicamente condizionata dai
reali rapporti di forza - semplificando - tra potere politico e potere
economico e sociale. E che nel quadro di quest’ultimo il potere esercitato dai
cittadini, in termini di diritti politici, e sempre stato più nominale che
reale.
Tuttavia, crediamo, sia giunto il momento di reagire,
proprio alla luce di quel che minaccia di accadere nella laburista Gran
Bretagna e che potrebbe prima o poi, per emulazione politica, avvenire anche
nel resto d’Europa.
Ma come difendersi ? Imponendo in tutte le sedi politiche, anche attraverso democratiche manifestazioni collettive, la sacralità del diritto alla salute. E più in generale del nostro diritto di decidere, individualmente, che cosa sia una “Buona Vita” e non di subire, perché imposti da chi ci comanda, i criteri di definzione di che cosa debba essere per noi, collettivamente, una "Vita Buona".
Ma come difendersi ? Imponendo in tutte le sedi politiche, anche attraverso democratiche manifestazioni collettive, la sacralità del diritto alla salute. E più in generale del nostro diritto di decidere, individualmente, che cosa sia una “Buona Vita” e non di subire, perché imposti da chi ci comanda, i criteri di definzione di che cosa debba essere per noi, collettivamente, una "Vita Buona".
Carlo Gambescia
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