venerdì 11 gennaio 2008

Ma il Papa può dire la "Sua" o no? 



E’ difficile essere laici. Ma è anche complicato essere cattolici, nel senso di poter esprimere pubblicamente la propria fede senza incorrere in critiche, risolini di scherno, e quando va bene, quei sorrisi condiscendenti, che di solito si usano verso coloro che proprio non “ce la fanno a capire” come "deve" andare il mondo. Ma quest’ultima è un’altra storia. Veniamo invece al punto.
Ieri il Papa, in un incontro con gli amministratori locali, tra i quali Veltroni, ha pubblicamente accennato alla situazione di degrado in cui versa Roma. Si tratta di una triste realtà quotidiana che purtroppo è sotto gli occhi di tutti.
E oggi sui giornali, stando almeno ai titoli, è scoppiato, come si dice, il finimondo: il Papa doveva tacere.
Personalmente riteniamo che Benedetto XVI abbia detto la verità. Doveva tacere? Per l’abito che indossa? Non crediamo. Ci sono delle questioni etiche (e non economiche) come la povertà, sulle quali un Papa non può non intervenire. E un laico, nel senso di chi sia o si ritenga indipendente da ogni autorità eccelsiastica, dovrebbe combattere la povertà, invece di polemizzare, e spesso in modo insensato, con la Chiesa.
Altr
o discorso è quello legato al cosiddetto "passaggio" dalle parole ai fatti. Esistono leggi dello Stato che vanno rispettate da tutti, anche dai religiosi. E se i fatti, attenzione non le parole, violano le leggi, non possono essere fatti sconti per nessuno. Neppure per un religioso.
Ovviamente la Chiesa in Italia per ragioni storiche, più o meno discutibili, gode di una giurisdizione speciale, che le consente una certa libertà di movimento, anche in termini di “fatti”. C’è chi vorrebbe ridurla oppure ampliarla. Si tratta di una materia magmatica, che riguarda la Chiesa come istituzione storica e sociale, sulla quale è naturale che sorgano ciclicamente conflitti tra laici e cattolici. Sono fatti sociali e perciò legati all’evoluzione dello spirito del tempo. E a meno che non si abbia una visione della storia come progressiva marcia trionfale dell'umanità in nome di un qualche valore assoluto, si deve accettare la diversità dei valori, anche se come spesso capita, non li si condivida. L’accettazione della diversità è un principio fondamentale di libertà. E questo, a prescindere dal fatto che il nostro "interlocutore" del momento - sempre solo a parole, ovviamente - lo accetti o meno come tale.
Perciò un vero liberale dovrebbe difendere la “libertà di parola” del Papa. Salvo poi fare in modo con i fatti, “laicamente”, che un problema come quello della povertà sia concretamente affrontato, e non solo a Roma. Anzi, sotto questo aspetto, le parole "di sfida" di Benedetto XVI dovrebbero essere di sprone per ogni laico impegnato nella lotta contro una società utilitaristica, che sembra ormai aver accettato la povertà come un male inevitabile.
Ecco perché, come dicevamo all’inizio, non è facile essere laici. Dal momento che la vera sfida riguarda i fatti e non le parole… 

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento